Intervista a Domenico Airoma, componente dell’ANM “
è necessario far
recuperare alla Giustizia la sua dignità ” Napoli
– Raffreddare le tensioni, riavviare un minimo di dialogo; dopo le
taglienti critiche al ministro ed ai sottosegretari del dicastero della
Giustizia, da parte del presidente dell’ANM, l’Associazione
Nazionale Magistrati, Gennaro, dall’interno del gruppo dirigente di
rappresentanza dei circa 9000 giudici italiani,
si leva una voce che ritiene necessaria una maggior disponibilità
al confronto da parte di tutti, magistrati, giudici, governo, avvocati,
politici, nel reciproco rispetto delle rispettive competenze, Questo
propone il componente del Comitato Direttivo Centrale dell’ANM
Domenico Airoma, sostituto procuratore alla DDA, Direzione Distrettuale
Antimafia di Napoli (affianca il procuratore Cordova in molte delicate
inchieste sulla criminalità organizzata), esponente di Magistratura
Indipendente - l’aggregazione “non di sinistra” fra quelle del
“parlamentino” dei giudici - sino a pochi giorni fa direttore della rivista
dell’Associazione.
Pensa
che si inasprirà lo scontro col governo? “La
magistratura si trova senza dubbio in una condizione di forte disagio.
Tuttavia, il disagio non è determinato, come pure certa stampa intende
rappresentare per finalità di contrapposizione politica o peggio,
partitica, solo dalla legge sulle rogatorie o dalle proposte di riforma
del falso in bilancio. C’è una diffusa sensazione di frustrazione nei
magistrati, causata dalla consapevolezza di rispondere ad una sempre
crescente domanda di giustizia in maniera spesso inadeguata ed in tempi
non ragionevoli. Intendiamoci, un’opera di riforma radicale
dell’amministrazione della Giustizia non può prescindere da
un’attenzione rinnovata alla professionalità dei magistrati, da
riguardare oltre che nell’aspetto di preparazione tecnica anche e
soprattutto nella capacità di attenzione prudente ai principi che
reggono l’ordinamento, soprattutto in un contesto normativo dai
confini sempre più vasti. Tuttavia è innegabile che molte delle
riforme legislative, introdotte in gran parte sin dalla passata
legislatura, hanno reso il rapporto fra cittadini e giurisdizione ancor
più vischioso. Sembra quasi (e il processo penale assume a tale
proposito caratteri di emblematicità) che si sia con ostinazione
perseguito l’esatto contrario del fine che dovrebbe orientare ogni
legislatore: norme chiare e di immediata applicazione. Un esempio: la
differenza fra imputato e testimone, diventata un vero e proprio
caleidoscopio, nel quale si scivola da una condizione all’altra con
conseguenze imprevedibili quanto drammatiche; per non parlare delle
vittime dei reati, sempre più persone offese e sempre meno soggetti
protetti dall’ordinamento”. La
materia del contendere riguarda “solo” il sovrapporsi, e
l’incrociarsi, di posizioni politico-ideologiche sulle questioni
giudiziarie o c’è dell’altro? “L’uso
“alternativo” della giurisdizione, pure praticato, per
esplicita ammissione, da taluni magistrati militanti (basterebbe leggere
alcune illuminanti pagine de “La Toga rossa” di Francesco Misiani),
non costituisce oggi la questione “culturale” dominante nella
Magistratura. Piuttosto, vi è un vuoto di riferimenti ideali, non
attribuibile solo alla scomparsa delle famiglie ideologiche, ma anche
alla progressiva erosione di principi che vadano un po’ oltre la norma
positiva e che, soli, consentono all’interprete, magistrato in primis,
di orientarsi”. Gli
schieramenti contrapposti vedono sul serio i magistrati “a sinistra”
in difesa di legge e ordine ed i politici “a destra”,
sbilanciati a favore
degli imputati? “Bisogna
intendersi sul concetto di legge e ordine, così pure su quello di
garanzia dell’imputato. Forse che l’abrogazione dell’ergastolo può
essere ascritto nel novero delle riforme di “ordine”? Eppure si
tratta di una proposta venuta sia dallo schieramento di sinistra (nella
precedente legislatura) che da parte di quello di centro-destra (agli
inizi dell’attuale). Quindi…” Non
sarebbe il caso che, sia l’ANM che il governo si preoccupassero di
come migliorare qualità ed
efficienza dell’intero sistema giudiziario? Magari con maggiori
stanziamenti e garantendo ai cittadini la tutela dei diritti in tempi
accettabili? “Certo!
Vede, quando, in esordio, facevo riferimento al disagio dei magistrati
mi riferivo anche a questo. Vi è la necessità di far recuperare alla
Giustizia una sua dignità; il che significa porre i magistrati nelle
condizioni, organizzative e strumentali, di amministrare giustizia in
tempi accettabili, in modo efficiente e con una fisionomia condivisa dal
corpo sociale; penso soprattutto all’attuale assetto delle relazioni
economiche e finanziarie, per il quale la nostra macchina giudiziaria
sta diventando obsoleta e quindi poco appetibile. Ridare dignità alla
giustizia significa recuperare credibilità alla funzione del
magistrato, con ricadute benefiche per tutte le Istituzioni. Ho molto
apprezzato la prospettiva pragmatica nel quale l’attuale governo ha
dichiarato di volersi muovere nel muovere i primi passi della
legislatura. Così come ho salutato con sollievo il proposito
manifestato dal Capo del Governo di parlare poco e di agire molto. Mi
auguro di non dovermi ricredere …”.
Articolo uscito su IL
QUOTIDIANO della Calabria pagina 7 “Primo Piano |