Oblio

Prima della pace, la guerra.
Il vecchio, al centro d’un semicerchio, narrava.
"Prima della guerra, prima della pace, uomini e cose erano diversi".
Il suo volto raggrinzito ricordava fatti che per altri erano meri sogni. Credere o no, al vecchio visionario?
"Prima era diverso, poi vennero quella guerra e quella pace...".
"E quello cos’è?", lo interruppe una voce.
Le dita adunche raccolsero da terra quello strano luccichio. Era qualcosa che avevano scordato, rimosso. Il vecchio non sapeva cosa dire. Solo lo stupore riempiva i suoi occhi.
"Questo scatenò la guerra... e la pace...
Nel giorno del suo compleanno, oggi tutti celebrano la morte..."
"...Il Ricordo della Peste?"
"Esatto. Dissero che lui diffondeva il contagio... lui!..."
"Ma chi fu?"
"Colui che chiamava guerra l’odierna pace, pace l’odierna guerra. Il suo compleanno è divenuto maledizione... Per questo voi non lo ricordate..."
"Ma era cattivo?"
"Salvò dalla morte gravi malati, punì gli stolti"
, disse trasognato.
"E i re?"
"Solo oggi lo deridono; un tempo lo adoravano bambino..."
"Come?..."
"Fu un uomo particolare... Un Dio divenuto uomo"
.
A quelle parole s’impaurirono; erano state quella guerra e quella pace a trasformare l’uomo in Dio... Null’altro serviva...
Guardarono il vecchio come un pazzo: lui stringeva il crocifisso d’argento, fissando lontano.
"Il suo Natale aveva scatenato la guerra, con quella Peste che intacca le menti"...
Così insegnavano in quel tempo di pace.
Il vecchio sentì il forte desiderio d’un nuovo antico Natale; e d’una guerra vera; e d’una pace vera. Il contrario d’allora.
Si sentì immensamente straniero...

* * *

Ho scritto queste duecentocinquanta parole, intitolate Oblio, nell’Avvento del 1991 per cimentarmi con un concorso; poi le ho raccolte, assieme ad altri tre testi di genere analogo, in Itinera, un piccolo volumetto di poesie e di prose brevi composto a più mani con alcuni amici e uscito nel 1993 per i tipi dell’editore milanese Di Giovanni.

Nel futuro anteriore della sua ambientazione vi sono mille echi inconsci, fra cui a posteriori riconosco un po’ di 1984 di George Orwell, un po’ de Il padrone del mondo di mons. Robert H. Benson, un po’ delle atmosfere di Blade Runner e anche un po’ dell’esperienza di san Paolo all’Areopago.

Pubblicando Oblio in Itinera ricordavo che, una manciata di giorni dopo la stesura definitiva del testo, il quotidiano Avvenire (10 dicembre 1991) riportava la seguente nota d’agenzia: "Le autorità cinesi temono il "contagio" del Natale. Una circolare in cinque punti del governo provinciale di Canton dispone infatti che i cristiani celebrino il 25 dicembre solo all’interno dei loro luoghi di culto evitando ogni manifestazione pubblica.

Il Natale, secondo le autorità cantonesi, diffonderebbe un contagio "pericoloso" soprattutto tra i giovani, che per la solennità natalizia cominciano ad affacciarsi nelle chiese. La circolare detta precise regole anche per i commercianti, tenuti a non usare motivi legati al Natale per incrementare le vendite, e i mass media, che devono astenersi dal richiamare l’avvenimento in qualsiasi forma. Anche direttori didattici e maestri si devono guardare dal parlare agli alunni dei temi natalizi. Banditi, infine, i biglietti augurali".

La realtà supera sempre la fantasia, anche quella di chi prospetta scenari apocalittici per richiamare con durezza l’attenzione del prossimo.

* * *

Quest’anno, per la prima volta dopo ventinove anni, Fidel Castro concederà ai cubani la possibilità di celebrare il Santo Natale, restaurando definitivamente la festività a lungo soppressa: l’annuncio ufficiale è stato dato con un comunicato del politburo pubblicato a tutta prima pagina sul quotidiano Granma -- organo ufficiale del Partito Comunista al potere nell’isola caraibica – del 1° dicembre scorso. Pur lamentando la perdita di decine di milioni di pesos in salari corrisposti a vuoto e la costosa mancata produzione di merci e di servizi, il regime afferma di volersi adattare all’ideale dell’unità del popolo…

Il regime abolì il Natale nel 1969 al fine di raggiungere la quota record di dieci milioni di tonnellate nella produzione dello zucchero di quell’anno: sopprimendo il giorno di festa come un dickensiano Ebenizer Scrooge in versione falce e martello, i comunisti cubani ottennero migliaia di ore lavorative in più. La popolazione, intanto, continuava a onorare clandestinamente la nascita di Cristo…

L’anno scorso, però, accadde l’inaspettato: ottemperando a un’esplicita richiesta di Papa Giovanni Paolo II -- che dal 21 al 25 gennaio seguenti visitò Cuba --, Castro permise agli undici milioni di cittadini che popolano l’isola di riposare nella giornata del 25 dicembre, continuando peraltro a impedire loro la celebrazione legale del Natale. All’inizio di quest’anno -- che va a concludersi in modo così significativo sia per l’isola caraibica ancora vessata dai comunisti, sia per il resto del globo -- il pontefice si è dunque recato nel cuore di uno degli ultimi regimi "scientificamente" atei del pianeta e ha sconvolto i giochi. Visita pastorale certo, non politica: ma appunto. Giovanni Paolo II ha predicato il Vangelo nella tana della belva …e qualcosa è successo. Un anno dopo ce ne accorgiamo tutti.

* * *

Il racconto di fantasia; poi la realtà del totalitarismo cinese che lo supera in "creatività"; quindi l’alter Christus della Città Eterna che squarcia come sol invictus il cupo scenario ipotizzato dalla fantasia e duramente realizzato dalla malvagità ideologica. La realtà supera sempre la fantasia. Del resto, come afferma san Paolo al versetto diciassette del secondo capitolo dell’Epistola ai Colossesi, "la realtà […] è Cristo!".

Marco Respinti