18 APRILE 1948:
IL SENSO DI UNA VITTORIA ANTICOMUNISTA

Cinquant’anni sono passati da quel 18 aprile 1948, quando, alle prime elezioni dell’Italia repubblicana, la Democrazia Cristiana otteneva il 48,5% dei suffragi, battendo di oltre diciassette punti la lista di Unità Popolare formata da PCI e PSI. Il significato della vittoria del 18 aprile va sicuramente al di là del pur considerevole risultato ottenuto dalla DC e supera di gran lunga la sigla stessa sotto la quale tutti quei consensi vennero raccolti. Il 18 aprile del 1948, infatti, non vinse la DC, ma vinse l’Italia, vinse un’Italia ancora culturalmente cattolica, che aveva capito che consegnarsi in mano al PCI di Togliatti, proprio mentre in tutta l’Europa dell’Est i partiti comunisti obbedienti a Stalin costituivano Repubbliche popolari dipendenti dall’URSS, significava diventare schiavi di Mosca. Il 18 aprile vinsero i Comitati Civici, creati pochi mesi prima, sotto richiesta di Pio XII, dal presidente degli Uomini di Azione Cattolica Luigi Gedda, che, forti di trecentomila volontari e di ventimila comitati elettorali, intrapresero una politica anticomunista e organizzarono una campagna elettorale nella quale risultò evidente, attraverso slogans e manifesti, che la posta in gioco era la salvezza del Paese dal Comunismo. Vinsero i giovani baschi verdi dell’Azione Cattolica, vinse uno spirito " di crociata" in difesa della Civiltà, un anno prima della scomunica lanciata da Pio XII, il 28 giugno del 1949, nei riguardi dei cristiani che aderivano alle dottrine del comunismo e che collaboravano con movimenti comunisti, e undici anni dopo l’Enciclica Divini Redemptoris di Pio XI che aveva definito il comunismo "intrinsecamente perverso". Siamo tutti figli del 18 aprile 1948 perchè, quel giorno, fu il popolo vero, fu l’Italia profonda, dal Nord al Sud, che seppe difendere unita un patrimonio comune di valori ereditato nei secoli; perchè quel giorno il nostro popolo seppe dire "no" ad una ideologia che, se avesse vinto, avrebbe portato in Italia il terrore rosso che già aleggiava sui Paesi dell’Est europeo, consegnati a Stalin dagli accordi di Yalta; perchè, infine, il 18 aprile non vinse, come invece troppo comunemente si crede, il partito che ci avrebbe portati verso il cattocomunismo e la partitocrazia, ma vinsero il popolo e la Chiesa che "costrinsero" la DC di De Gasperi a vincere, e a vincere in quel modo. La storia della DC, e soprattutto di quella DC che va da Fanfani fino a Moro e ad Andreotti, non è la storia delle elezioni del 18 aprile: è un’altra storia. Forse è proprio per questa diversità di storie che la DC, fino alla caduta del Muro di Berlino, non ha mai voluto celebrare quella data e nemmeno il centrismo degasperiano, che nacque allora e che di quella data fu costretto a tenere conto.

Il 18 aprile 1948 sarà invece al centro del convegno, promosso da Cristianità e da Alleanza Cattolica in collaborazione con la Regione Lombardia, che si svolgerà domenica 19 aprile a Milano, avente per tema: "Cinquant’anni di Repubblica fra le elezioni del 18 aprile, la trasformazione del PCI in PDS a la scomparsa della DC. La cultura politica italiana verso il terzo millennio". Interverranno il dr. Mario Cervi, direttore de Il Giornale, don Gianni Baget Bozzo, ex dirigente democristiano, politologo e opinionista, il dr. Marco Invernizzi, responsabile di Alleanza Cattolica per la Lombardia e il Veneto, Presidente dell’Istituto per la storia delle Insorgenze e storico del Movimento cattolico in Italia, il prof. Francesco Gentile, dell’Università di Padova, il dr. Massimo Caprara, ex segretario di Palmiro Togliatti, poi radiato dal PCI e autore di numerosi saggi sul comunismo italiano del dopoguerra, e Giovanni Cantoni, fondatore e reggente nazionale di Alleanza Cattolica e direttore di Cristianità. Il convegno verrà aperto dall’assessore alla Cultura della Lombardia, on. Marzio Tremaglia. Un’analisi di mezzo secolo di storia italiana che contribuirà a far luce sul significato storico, politico e culturale di una data troppo importante per essere dimenticata, ma - forse - un po’ troppo scomoda, dopo che gli sconfitti di ieri sono diventati i vincitori di oggi anche grazie alla connivenza ideologica o alla poca accortezza di chi, allora, non seppe o non volle capire fino in fondo il senso ultimo di quel 48,5% di consensi che gli consegnò in mano la vittoria.

Giuseppe Bonvegna

Articolo apparso sul quotidiano Il Secolo d’Italia il 18/4/98 col titolo: "Lo storico significato di una vittoria anticomunista".

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