La storia del movimento cattolico dal 1700 ad oggi

3ª puntata: Il problema della "legittimità" delle forme di governo".

Si impone un chiarimento preliminare circa la nostra riflessione storica. Si rischia di ricevere obiezioni infatti, riguardo il giudizio sul complesso delle vicende o su singoli comportamenti o fatti, dei cattolici e di Santa Romana Chiesa in generale, nel periodo in esame. In sostanza –stante il predominio di una vulgata ideologicamente filorivoluzionaria ("francese" ma non solo) avversa "all’assolutismo" di monarchie e Stato Pontificio–, ci si può chiedere perché rievocare "in positivo" l’adesione cattolica a forme istituzionali per definizione "non democratiche" intese in senso attuale ed a princìpi, valori, vecchi, superati dal "progresso"? La "guerra delle parole" ha purtroppo fatto si che luoghi comuni, leyendas negras, impressi nell’immaginario collettivo, diano rappresentazioni deformate (e disinformate), pertanto è necessario chiarire e depurare da aspetti nostalgici e folkloristici, la questione. Non è discussione la "superiorità" o l’unicità della "monarchia" in quanto forma di governo: dovrebbe esser noto che esistevano varie repubbliche Venezia, Genova, Ragusa, San Marino, la Confederazione Elvetica, contemporaneamente "aristocratiche e popolari" se vogliamo, come precisa d’altronde con efficacia Gonzague de Reynold (1880-1970), pensatore cattolico controrivoluzionario riguardo alla sua Svizzera (1), poi degenerate in "oligarchiche" ma altrettanto legittime e tradizionali dei regni e degli imperi. Così la categoria da "difendere" in sede storiografica è quella del legittimismo, meglio della legittimità. E che non sia un’idea solo controrivoluzionaria o da nostalgici di Ancien Régime, lo testimonia l’interessante e accurato studio dello storico e sociologo –liberale di sinistra, antifascista morto in esilio– Guglielmo Ferrero (2). Il Ferrero (1871-1942) non solo ricostruisce acutamente genesi e sviluppi della situazione socio-economica e politico-culturale della Francia pre e post-1789 ma demolisce (ben prima persino di François Furet e con più efficacia di Pierre Gaxotte), gli stereotipi della propaganda rivoluzionaria (non solo giacobina). Cito solo la questione –che oggi ci sembra fondamentale– delle elezioni, della reale rappresentanza dei vari "parlamenti, convenzioni, assemblee", rispetto agli abitanti, agli aventi diritto di voto e persino ai votanti. Interessanti "sorprese" attendono i "liberali, i democratici, i progressisti" Così come la lettura dell’imponente testo di Simon Schama "Cittadini. Cronaca della Rivoluzione Francese", Mondadori Oscar Storia, Milano 1999, che documenta come fosse realmente la società francese pre-1789 e capovolge i luoghi comuni, anch’egli da un’ottica non certo "reazionaria".

Note:1) G. de Reynold: "…Tre vestimenti diversi indossati dallo spirito repubblicano. Il Primo è medievale: la repubblica popolare, aristodemocratica, e che ha per assi portanti la famiglia e la corporazione. Il secondo è l’ancien régime: la repubblica aristocratica pura. Il terzo è moderno: la repubblica democratica pura". La Démocratie et la Suisse. Essai d’une philosophie de notre histoire nationale, Les Editions du Chandelier, Bienne 1934

2) G. Ferrero: "Le due rivoluzioni francesi", Sugarco Collana Argomenti, Milano 1986.

Articolo apparso su L’Arno anno XII n°4 aprile1999