Le radici ideologico-religiose di Bin Laden

 

Quale terminologia usare con l’Islám? Il terrorismo di bin Laden è “islamico”? È “fondamentalista”? O è criminalità “politica” che abusa della religione? Collegato a quest’aspetto vi è quello, cruciale, per il dialogo con l’islám “moderato”. Il termine non nasce in ambito islamico ma protestante, come difesa dei “fondamentali” minacciati da quel che era percepito – fra fine 1800 e inizi 1900 – come cedimento alla modernità, soprattutto nell’interpretazione di Bibbia ed evoluzionismo scientifico. La categoria poi identifica correnti di ebraismo, induismo, buddismo, Islám. Ideologicamente il fondamentalismo reagisce alla marginalizzazione della religione; è selettivo, sceglie parti di tradizione che vuol difendere e identifica nella modernità dei bersagli mentre ne accetta degli aspetti; tende al “manicheismo morale”, dividendo il mondo in noi e loro; ad una prospettiva millenarista. Organizzativamente i fondamentalismi, si considerano “eletti” in lotta contro il “mondo”; stabiliscono frontiere nette fra chi ne fa parte e chi ne è fuori; danno regole di comportamento che coinvolgono i segni esteriori come gli abiti, con valore simbolico. Dalle analisi dello storico Jean-François Mayer emerge che, il modello più diffuso non descrive una corrente ma l’islam in genere “I musulmani, in questo senso, sarebbero dunque tutti "fondamentalisti"!”. Reazione alla marginalizzazione della religione e infallibilità del Corano sono caratteristiche su cui con sfumature diverse i musulmani concordano. Nodale è la non distinzione (non solo la non separazione) fra religione e politica e il desiderio di ristabilire l’ordine ideale della Città di Allah con la rigorosa applicazione la shari’a; non esiste la distinzione occidentale fra religione e politica nella “legge sociale dell’islam” e i musulmani per i quali gli stati si governano con leggi laiche sono minoranza poco rappresentativa. La letteratura scientifica parla di “fondamentalismo” in due sensi. Nel primo è un “idealtipo”, secondo il sociologo Max Weber, di pensiero e atteggiamento, con categorie interpretate radicalmente (altrimenti gran parte dei musulmani sarebbero “fondamentalisti”) con caratteristiche di attivismo militante. Tali sono le correnti antimoderne manifestatesi - sulla scia della più rigorista delle scuole giuridiche, la hanbalita fondata da Ibn Hanbal (780-855) - nel XVIII secolo (il wahabismo “al potere” in Arabia), XIX (deobandi) e altre nel XX. In un secondo senso, designa movimenti esistenti storicamente: nasce dopo il 1918 contro la penetrazione di idee “moderne”, cui oppone ritorno al Corano, ostilità all’Occidente e shari’a. Hassan al-Banna nel 1928 in Egitto fonda i Fratelli Musulmani, Sayyid Abul Al’a Maududi nel 1941 in India la Jama’at at-i Islami. Il sociologo Renzo Guolo ha descritto l’“islamismo” come segnato nel XX secolo da una divisione, non “rottura poiché il fine, la reislamizzazione della società, è comune”, fra ala “radicale” e “neotradizionalista” – costruzione di una comunità governato dalla shari’a e da un leader, il califfo, nella prospettiva millenarista della conquista del mondo – diverse le strategie. Per l’ala radicale “islamizzare dall’alto”, acquisire la titolarità del potere politico nella maggior parte dei paesi, con rivoluzione o golpe, considerando irrecuperabili le autorità. La neotradizionalista vuol “islamizzare dal basso”. Bin Laden con Al-Qa’ida ha scelto il radicalismo “militare” affiancato da una shabka (rete) in paesi occidentali e islamici che propagandino le sue tesi nelle “masse”.

 

Articolo uscito su IL QUOTIDIANO della Calabria e Basilicata Speciale 11 settembre Dossier Pagina  IV “ Islamici”  Anno 8 n° 249   mercoledì  11  settembre  2002 con lo stesso titolo