Sabato, 20 novembre 1999

1

Lotta per la Sopravvivenza

di Marco Respinti

Postcomunismo e illibertà

Liberale si dice oramai mezzo mondo, ma a farne le spese è sempre e solo la vera libertà. Stati, organizzazioni mondiali sovranazionali e lobby di potere ricchissime conducono una guerra incessante e sovente spietata contro la persona, il suo libero associarsi, le sue dimensioni più intime e profonde.

Lo scrittore Luciano Bianciardi, ne La vita agra, afferma lucidamente che "la rivoluzione deve cominciare da ben più lontano, deve cominciare in interiore homine". E questo è certamente il manifesto programmatico di un mondo in cui politica ed economia sono pressoché totalmente divenute semplici ancelle della conservazione e dell’accrescimento del potere da parte di forze ideologiche il cui nemico principale — i fatti lo mostrano in modo sempre più evidente — è l’essere umano. Il relativismo debolista e nichilista — disinvoltamente e rapidamente sostituto al "dio che ha fallito" nel giorno in cui qualcuno, travolto dall’irrefrenabile crollo dell’organizzazione statuale del totalitarismo violento (ma non prima, quando esso sembrava vincente), ha scoperto e candidamente annunciato alle telecamere che comunismo e libertà sono incompatibili — rappresenta oggi un pericolo forse ancor più pericoloso del drago rosso di ieri. Che comunismo e libertà fossero incompatibili, infatti, altri lo affermavano da tempo, ma la scoperta della verità contenuta in quell’assunto elementare e di per sé evidente (precedente, cioè, qualsiasi dimostrazione logica formale) da parte del leader di un partito comunista fino a ben poco tempo fa, e comunque tuttora al governo del nostro Paese assieme a una forza politica fiera del proprio comunismo, sembrerebbe costituire davvero l’inedito clamoroso. Per un verso è certamente così, ma altrettanto certamente lo è in un senso diverso e addirittura opposto rispetto a quanto si sarebbe frettolosamente indotti a pensare all’udire l’on. Walter Veltroni pronunciare tale plateale abiura.

Anzitutto, appunto, che il comunismo sia divenuto incompatibile con la libertà Veltroni lo ha scoperto in un momento storico in cui i comunisti nel mondo appaiono, quando va bene dei fossili preistorici, quando va male quei signori che ancora tiranneggiano popoli e nazioni nonostante i (primi) conti esibiti a loro debito dagli studi dell’équipe di storici coordinata dal francese Stéphane Courtois. In secondo luogo, Veltroni ha curiosamente ammesso quella verità proprio mentre i "leggendari" archivi del KGB cominciano a rivelare trame rosse internazionali, mazzette, spionaggi, depistaggi e disinformazione organizzata, dando così l’impressione — in attesa scrupolosa di prove e di riscontri documentali resta solo un’impressione — di voler al più presto mettere la maggior distanza possibile fra sé e tutto quanto a quel losco mondo di tradimento, di menzogna sistematica e di bugia eretta a sistema di governo possa in qualche modo ancora collegare, se non altro nel senso di una responsabilità oggettiva dal punto di vista morale, storico e politico prima ancora (e al di là) di qualsiasi rilevanza sul piano giuridico. Ma non basta. La nouvelle vague di Veltroni neovicepresidente dell’Internazionale Socialista — organizzazione tratta per la giacchetta da Tony Blair verso la "terza via" e da Massimo d’Alema verso il Partito Democratico nordamericano, nonostante i mugugni del più hard Lionel Jospin — non si spiegherebbe solo con la logica della barca che affonda abbandonata di gran carriera dai topi impauriti. Veltroni — in realtà mai stato veramente comunista nel senso forte e stringente del termine, dice Massimo Caprara, l’ex segretario di Palmiro Togliatti, che di cose comuniste se ne intende e se ne pente da tempo — rappresenta il gattopardesco mutare tutto per non cambiare nulla che permette a una Weltanshauung in adorazione filosofica del divenire di scegliere il mezzo più adatto ai tempi onde perseguire il proprio obiettivo senza attardarsi con veicoli oramai sorpassati dalla storia. Veltroni non ha infatti ancora rinunciato ad affermare marxisticamente (lo ha recentemente fatto in televisione) che le idee coincidono con la loro realizzazione storica. Se storicamente fallito, dunque, il comunismo è oramai solo un attrezzo inservibile da sostituire al volo con un cavallo meno sfiancato: così si poteva ragionare anche nel PCI di Enrico Berlinguer, così hanno probabilmente ragionato personaggi esaltati oggi da Veltroni come quell’Altiero Spinelli per il quale il partito comunista italiano avrebbe dovuto operare una sintesi fra capitalismo e collettivismo (la terza via blairiana, e l’odierno socialismo delle persecuzioni amministrative e dell’abnorme pressione fiscale?) lasciando che l’estremismo giacobino di gioventù testimoniasse autorevolmente le diverse fasi con cui si svolge la dinamica storica della "cattiva battaglia", analogamente a quanto fatto dal furor per nulla sacro dei Leveller e dei Digger della fase socialistica della rivoluzione puritana inglese.

Per anni l’Italia è stata il laboratorio delle strategie del compromesso storico (e del precedente compromesso culturale); oggi essa appare, grazie alla paradigmatica parabola compiuta in un decennio dal PCI mutatosi in PDS e ora in DS, il teatro di un nuovo grande esperimento. La trasformazione del totalitarismo violento di ideologie errate, ma forti, nel relativismo democratico — potenzialmente non meno e talvolta fattualmente totalitario — di pensieri deboli contrassegnati dal rifiuto teoretico di ammettere anche solo la possibilità di un contenuto veritativo e normativo della realtà data che circonda e internamente costituisce l’essere umano. Dalla messa fuori legge persino dell’idea di Dio contemplata nella Costituzione dell’Albania comunista, al "se Dio c’è, non c’entra" o all’afasia metafisica strutturale del pensiero liberal contemporaneo.

Non è un problema che riguarda esclusivamente i teologi, ma una questione che ferisce profondamente gli esseri umani nella loro vita personale e nella loro dimensione sociale. Distrutte — grazie all’azione estremistica dei Leveller e dei Digger di ogni tempo e di ogni latitudine — tutte le difese istituzionali, politiche, ecclesiali, sociali ed economiche di cui, come abiti, l’essere umano ha ricoperto le proprie nudità, al relativismo delle democrazie vuote non resta, suggeriva Bianciardi, che attaccare l’uomo interiore abbattendo quelle ultime barriere che gli derivano dalla sua natura normativa data: questo l’obiettivo restante a una rivoluzione per cui — come gridavano i boscevichi all’assalto del Palazzo d’inverno — il movimento è tutto e la meta è nulla.

Programmaticamente, Veltroni — nel discorso di accettazione della leadership del proprio partito, pronunciato alla Fiera di Roma il 6 novembre 1998 — ha sostenuto che "[…] non è possibile che gli individui […] siano "soggetti alla lotteria della nascita"". Bioingegneria, diritto alla vita, famiglia, "manovre" dell’ONU e di decine di altre ONG ed enti internazionali in questi campi, ma anche libertà religiosa, persecuzione e violazione dei diritti umani saranno i temi affrontati in questo spazio settimanale incaricato di osservare quanto il liberalismo di certe soi-disant democrazie sia molto poco "liberale", e sempre forte con i deboli e debole con i forti. L’enfasi sull’inconciliabilità fra comunismo e libertà — forte, nel mondo, di decine e decine di Walter Veltroni — si accompagna curiosamente al silenzio del mondo progressista quanto all’interrogativo sulla conciliabilità fra la libertà autentica e quel postcomunismo liberal che ha mille e mille discepoli in certo grande capitale, fra i colossi dell’industria, nelle stanze dei potenti e fra i vati della globalizzazione: come se davvero Altiero Spinelli avesse avuto il dono della profezia. Il Termidoro della jeunesse dorée fu solo abile tattica, la cui logica sarebbe stata adeguatamente spiegata solo da Lenin: due passi avanti e uno indietro. I Leveller e i Digger sono sempre alacremente all’opera anche quando vestono bene, parlano elegantemente o stanno "in sonno" come gli agenti comunisti disseminati in Occidente dal generale dell’esercito tedesco-orientale e del KGB sovietico Markus "Misha" Wolf.

[Pubblicato con il medesimo titolo in Secolo d’Italia. Quotidiano di Alleanza Nazionale,

anno XLVIII, n. 269, del 20-11-1999, p. 13 (Commenti e Opinioni)]