Mercoledì, 17 novembre 1999

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Il Vero Conservatore

di Marco Respinti

Appuntamento con la Destra nel mondo

Quando, nel 1962, le "Le Edizioni del Borghese" pubblicarono a Milano, per volontà del giornalista Romano F. Cattaneo e nella traduzione realizzata da Henry Furst, il volumetto The Conscience of a Conservative del senatore Repubblicano dell’Arizona Barry Morris Goldwater (1909-1998) - originariamente uscito nel 1960 per i tipi della Victor Publishing Company di Shepherdsville nel Kentucky (nel 1990, in occasione del trentesimo anniversario della pubblicazione del testo, la Regnery Gateway di Washington ne ha pubblicata una nuova edizione, arricchita di una introduzione di Patrick J. Buchanan, promossa e sponsorizzata dalla Young America’s Foundation, un organismo diretto a Herndon, in Virginia, da Ron Robinson) - il titolo scelto per l’opera, in realtà scritta L. Brent Bozell (1926-1997) - cattolico tradizionalista, "carlista", uno dei primi a dimostrare pubblicamente e rumorosamente contro l’aborto statunitense nel 1970, nonché fondatore nel 1966 del mensile Triumph come roccia inamovibile nel mezzo della tempesta del progressismo postconciliare -, fu Il vero Conservatore. L’intento programmatico di entrambi quei titoli - pressoché l’uno precisazione dell’altro - è più che evidente e alla volontà degli editori statunitense e italiano è corrisposta la realtà nella misura in cui, per opera del ghostwriter Bozell, il volume pubblicamente firmato da Goldwater ha sintetizzato e svolto, quasi a mo’ di manifesto, la filosofia - la "filosofia pubblica" - di una comunità umana, di un movimento di opinione, di un mondo pre-esistente a quello della politica politicante e degli schieramenti di partito, ma anche allo stesso senatore dell’Arizona e alla sua sfida da destra all’Establishment progressista fuori e dentro il Partito Repubblicano degli Stati Uniti d’America. Una filosofia che esprime - che pretende di esprimere - lo spirito più autentico del Paese, che mira a rappresentare al meglio l’identità vera della nazione e che per questo si fa alfiere della storia nazionale. Dietro di essa, si staglia quella che nel pensiero dell’angloirlandese Edmund Burke (1729-1797) viene definita "saggezza del popolo", ovvero una "democrazia" autentica esattamente agli antipodi della tirannia delle maggioranze e alla balìa dei numeri - la "democrazia dei defunti", di cui parla Gilbert Keith Chesterton (1874-1936), fondata su quel "contratto sociale" burkeano che lega le generazioni fra di loro e con l’Onnipotente in un patto vincolante gli avi, i vivi e i nascituri - rivelante anzitutto e soprattutto l’insorgenza di esigenze metapolitiche - "prepolitiche", direbbe il poeta e saggista angloamericano Thomas Stearns Eliot (1888-1965) e con lui ripeterebbe il sociologo nordamericano Robert Alexander Nisbet (1913-1996) - e anche metafisiche; un ethos vero perché fondato su un senso comune profondo. Con queste premesse, Il Vero Conservatore diventa dunque un appuntamento settimanale che, su queste pagine - come già (e idealmente in continuità con esso) il volume programmatico e "riassuntivo" di Goldwater, riproposto a puntate sul Secolo d’Italia dal 3 al 27 agosto 1999 -, cerca d’informare, di raccontare, di descrivere, anche di commentare, semmai di criticare, a volte pure di approfondire quella filosofia - quella "filosofia pubblica" - che illustra l’universo della Destra nella storia e nel mondo, con l’obiettivo - a lungo termine - di mettere in evidenza quel senso comune, fatto di certezze metafisiche e di princìpi prepolitici, di cui constano le culture dei popoli e delle nazioni, dunque le civiltà. Il curiosare e l’affacciarsi sulla storia e sull’attualità della Destra nel mondo - della Destra plurale, conservatrice, nazionale e popolare; della Destra dei movimenti, degli intellettuali, degli strumenti, nonché delle analisi e delle sintesi culturali; della Destra dei padri nobili, delle figure carismatiche, dei discepoli promettenti, e degli uomini e delle donne impegnati in prima linea nella battaglia politica quotidiana - ha del resto un’unica grande presunzione. Affermare che la Destra è possibile da noi come altrove nel mondo, e che la Destra è possibile perché espressione chiara, pura e orgogliosa di un’identità nazionale e di una storia di cui ci si riconosce figli. Anche da noi questo può e deve accadere anzitutto riscoprendo e poi correttamente riappropriandosi di un’eredità culturale che coincide con lo stesso essere italiani, cioè figli di quella natio - comunità di nascita, di origine, di destino, di vocazione storica, di tradizione e di distinzione nell’unità - che dai tempi degli Enotri e dei Tirreni si chiama Italia. Se non servisse a comprendere meglio quella del proprio, sarebbe infatti perfettamente inutile studiare minuziosamente la cultura di un qualsiasi Paese straniero.

[Pubblicato con il medesimo titolo in Secolo d’Italia. Quotidiano di Alleanza Nazionale,

anno XLVIII, n. 266, del 17-11-1999, p. 13 (Commenti e Opinioni)]