Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano

Istituto di economia internazionale, delle Istituzione, dello Sviluppo
Istituto di Politica Economica
Centro di Studi sulla Dottrina Sociale della Chiesa




Alla ricerca di principi di giustizia

Liberal versus comunitari

Convegno nazionale di studio



Il Professor Giancarlo Mazzocchi presenterà gli atti del Convegno tenuto nell'aprile 1998,
sul tema Etica, Economia, Principi di giustizia.


Introduzione: Andrea Villani.

Relatori:
Luigi Campiglio, Pierpaolo Donati, Lorenzo Ornaghi, Adriano Pessina,
Marco Respinti, Giancarlo Rovati.





Milano, Università Cattolica, Aula Negri da Oleggio
31 gennaio 2001, ore 10 - 18









Introduzione

E' oggi in atto nel mondo anglosassone un vivo dibattito tra studiosi di orientamento liberale e studiosi di orientamento comunitario. I primi fanno fondamentalmente riferimento all'individuo e pongono le scelte su ciò che deve contare per l'individuo e le singole persone - i valori e quindi anche la concezione di giustizia - come derivante da una elaborazione razionale, universale e necessaria di tipo kantiano, oppure derivante da un contratto (o patto) sociale, scaturente da un accordo tra gli individui, ritenuti uno per uno fonte di valore.
I secondi ritengono che i valori, le virtù, tutto ciò che conta e deve contare per le persone, non sia frutto né di una elaborazione intellettuale personale generalizzabile e universalizzabile, o di un patto tra individui, ma sia ciò che nelle concrete comunità storiche, attraverso una lenta evoluzione, si è venuto ponendo come valori, come virtù, e tra queste la giustizia.
Questo dibattito si è avviato agli inizi degli anni Settanta, dopo la pubblicazione di A Theory of Justice di John Rawls, che esprimeva una concezione di giustizia che formalmente avrebbe dovuto costituire l'espressione di un contratto tra individui, ma che in realtà non era espressione di soggetti veri, bensì frutto di un artificio intellettuale (gli individui dietro il velo di ignoranza), un'operazione di costruttivismo kantiano. Vale a dire un'elaborazione concettuale del filosofo John Rawls, che pensando con la sua mente ritiene di cogliere una concezione di giustizia che per essere universalizzabile debba avere significato e valore per tutti gli esseri umani.
Una delle molte critiche mosse a Rawls è stata quella di far riferimento a "individui disincarnati", fuori della storia, "unencumbered self", come ha scritto Michael Sandel. Gli "individui incarnati" invece sono quelli che appartengono a comunità, e i valori e le virtù, tra cui la giustizia, sono quelli propri della comunità, che nutre di essi i concreti individui, li educa, li rafforza. li giustifica, li sostiene.
Il confronto con il pensiero del liberalismo neo-kantiano di John Rawls da parte dei comunitari ha visto come fondamentali attori filosofi molto noti quali Charles Taylor, Micharel Sandel, Alasdair MacIntyre, Michael Walzer. Man mano nel tempo si è però venuto a sviluppare nel mondo anglosassone un movimento comunitario, che ha assunto un consolidamento istituzionale; ha una leadership in Amitai Etzioni, e ha sperimentato una vasta riflessione da parte di numerosi studiosi, non solo filosofi ma anche sociologi, economisti, politologi, social critics (ovvero, nel nostro linguaggio, intellettuali militanti").
In generale i comunitari si contrappongono ai liberal; la loro elaborazione di fondo è di rifiuto dell'Illuminismo e delle sue pretese teoriche e di prassi. La sottolineatura essenziale sembrando essere quella ai valori, al significato e all'importanza della comunità, in contrapposizione alle concezioni e alle prassi che pongono al loro centro - come punto di riferimento essenziale - l'individuo. Quindi la dicotomia sarebbe tra liberalismo individualistico e comunitarismo.
Si può notare che il pensiero comunitario ha riscosso una particolare attenzione da parte di studiosi cattolici, specie in ambito filosofico e sociologico. Però in Italia ha suscitato una certa attenzione sia tra filosofi, economisti e politologi etichettabili di sinistra e di destra. Con riferimento alla sinistra decisamente marxista, (anche se post-marxista) il riferimento più immediato va a Giorgio Lunghini; per la destra, a Marcello Veneziani. Il primo nel volume L'età dello spreco conclude individuando in una realtà comunitaria, nella società comunitaria, quello che un tempo era tradizionale nei marxisti attribuire alla società socialista (o comunista). Una situazione in cui non fosse più presente alienazione, sfruttamento, e soprattutto quello spreco che sarebbe proprio della società capitalista.
Per Marcello Veneziani il comunitarismo costituirebbe in sé un termine di riferimento contrapposto alla posizione e concezione liberal, in chiave culturale generale e quindi anche in termini di proposta e progetto politico.
Partendo dal dato delle riflessioni svolte nel Convegno internazionale "Etica, economia e principi di giustizia", nell'incontro di studio che si terrà mercoledì 31 gennaio 2001 presso l'Università Cattolica in Milano, si intende cercare di compiere qualche passo avanti. I problemi nodali sul tappeto sembrano essere i seguenti.

1. Secondo una concezione comune piuttosto diffusa e corrente, nelle società occidentali - a iniziare da quella italiana - coesistono principi forti espressione di una tradizione e di una concezione liberale, come sul valore fondamentale della libertà e dell'autonomia individuale, e principi di cooperazione, anticompetitivi, che possono peraltro essere frutto di una spontanea volontà in tal senso di un certo numero (e magari di molti) individui nella società, oppure di concezioni e valori che sono stati elaborati nel tempo in quella che è definibile comunità e che si trovano in qualche modo presenti a competere con gli altri. E' corretta e accettabile questa interpretazione? In che modo si esprime, cioè con riferimento a quali termini e parametri di riferimento?

2. Si asserisce sovente che esiste un individualismo spinto in base al quale per il comportamento individuale e privato nella nostra società si ammette che ognuno possa comportarsi come vuole, mentre per quanto concerne ciò che è pubblico si tenderebbe ad assumere la necessità di comportamenti rigorosi e intransigenti. E' così? Ma non si pone comunque un problema relativo al fatto che comportamenti individuali - nelle sfere in cui si abbia conoscenza pubblica dei medesimi - hanno una rilevanza collettiva, e dunque comportino implicazioni di scelta collettiva?

3. Nella nostra società esistono tensioni verso la possibilità di rafforzamento delle scelte individuali (ovvero della possibilità di scelte individuali) nel campo dei beni collettivi; tendenze al mantenimento delle soluzioni paternalistico-stataliste tradizionali; tensioni verso l'attribuzione di responsabilità a soluzioni cooperativistiche comunitarie, non legate necessariamente a comunità definite su e vincolate a un territorio, ma piuttosto a comunità stabilite e definite in senso verticale. E' corretta questa interpretazione della realtà italiana?
Questi diversi modi di essere e di procedere hanno anche un correlato politico. Si intende cioè dire che simili modi di essere e di procedere hanno alle spalle giustificazioni teoriche, ideologiche, filosofiche, politiche e anche momenti politico-istituzionali - attuali o potenziali - per sostenerli e tradurli in concreto.

4. E' stato recentemente sostenuto che alle tradizionali polarità culturali e politichre di "destra" e "sinistra", sia per interpretare la realtà che per costruire un progetto politico, sarebbe opportuno sostituire la dicotomia liberal - comunitari, essendo possibile individuare nella concreta realtà (a iniziare da quella italiana ) elementi evidenti e piuttosto precisi che vengono a differenziare ciò che pertiene alla cultura liberal da una parte, e a quella comunitaria, dall'altra. Se anche fosse così, come si presume di poter passare dall'idea intuita alla realizzazione? Si pensa che sia concepibile un partito comunitario, da creare ex-novo, o piuttosto che determinate forze politiche e culturali già oggi presenti sulla scena scoprano e mettano in evidenza come elemento caratterizzante la loro matrice comunitaria?

5. In termini di approccio economico teorico, che cosa significa passare dall'impostazione fondata sull'individualismo metodologico, a una fondata sui principi comunitari? Quali elaborazioni sono state compiute? Quali gli esiti teorici generali e le eventuali indicazioni operative? E quali sono le critiche e le risposte avanzate in propositivo dagli economisti e studiosi individualisti, neoclassici, istituzionalisti, delle public choice, neo-austriaci, e altri?

6. Sul tema della giustizia in generale, e della giustizia distributiva in particolare. Secondo una concezione liberale, di un liberalismo kantiano come quello di John Rawls - quanto meno del Rawls del 1971 - è possibile individuare dei principi di giustizia che dovrebbero avere valore universale. Rawls sembra avere abbandonato una simile concezione, e la sua attuale pare molto simile a quella di James Buchanan, cioè che in sostanza in una società valgono le regole su cui si è d'accordo, tra i soggetti che si mettono d'accordo e stipulano un patto. Quest'ultima è certamente una posizione relativista. Ma anche la soluzione comunitaria non è forse relativista? Se le virtù sono i valori praticati nelle concrete comunità, che garanzia esiste che queste virtù e valori (cioè, prima ancora, concezioni e valori) non siano diversi nelle diverse comunità? Come è possibile superare una simile difficoltà? In che modo Aristotele supera le obiezioni dei sofisti? In che modo MacIntyre con il suo riferimento alla tradizione aristotelico-tomista riesce a superare le conclusioni cui era pervenuto in Dopo la virtù? E in che modo riesce a superare le critiche che varie scuole filosofiche hanno mosso alle posizioni aristotelico-tomiste, oltre che alle posizioni illuministe, e a quelle nietzschiane?
7. Per concludere. In conformità al pensiero liberale - o quanto meno a una certa concezione e forma del pensiero liberale - è pensabile che all'interno di poche regole di base ogni individuo cerchi e determini da sé medesimo le proprie concezioni della buona vita; la società sia poco più che una finzione o un'ombra. In un simile contesto gli individui - con una decisione specifica ex-novo, o in conformità a una tradizione - possono raggrupparsi e stabilire regole di vita in conformità a una concezione comune e omogenea di buona vita.
Modo di procedere e di essere che può ampliarsi quanto si voglia, ma dove comunque, nella logica dell'individualismo liberale non repubblicano (cioè contrattualistico) in cui i valori collettivi vengano posti attraverso un patto, ogni comunità deve rispettare ogni altra comunità, e tutte le comunità devono rispettare gli individui che non vogliono appartenere ad alcuna comunità, e alle loro concezioni della buona vita.
La soluzione ovvero realtà sociale in cui esistessero (o venissero posti) valori comuni riconosciuti e necessari, potrebbe invece impedire l'autonomia comunitaria e individuale difforme da quella dominante. Ognuna di queste soluzioni presenta costi e difficoltà. Anche in questo caso "non esistono pasti gratis".


Questi temi verranno discussi il giorno mercoledì 31 gennaio, dalle ore 10 alle 18, in Università Cattolica, nell'Aula Negri da Oleggio.
Il Professor Giancarlo Mazzocchi presenterà gli atti del Convegno tenuto nell'aprile 1998, sul tema Etica, Economia, Principi di giustizia. Introdurrà Andrea Villani. Saranno relatori Luigi Campiglio, Pierpaolo Donati, Lorenzo Ornaghi, Adriano Pessina, Marco Respinti, Giancarlo Rovati.
Relazioni e dibattito dell'incontro saranno immediatamente pubblicati. E' nostra intenzione verificare le nostre posizioni sull'argomento. In ottobre o novembre 2001 è nostra intenzione tenere un convegno internazionaleampliare la riflessione, al quale inviteremo tra gli altri Amitai Etzioni e Amartya K. Sen, per approfondire e ampliare la riflessione.