Armageddon che passione

Quale Messia per i  tempi nuovi? Il millenarismo cristiano, ebraico e islamico

Fine del mondo. Messia liberatori, diavoli che imperversano sulla terra e che devono essere sconfitti. Nuovo mondo che verrà dopo la fine dei tempi. La produzione cinematografica americana, in film come End of the days, ad esempio, già da tempo ha sviscerato questo tema così legato alla concezione cristiana del nuovo avvento e della liberazione dai mali del  mondo ad opera di un “novello Messia”, ritroviamo simili scenari e visioni anche nel mondo islamico che ribalta, nella sua produzione letteraria popolare, i termini della questione. Il tema del millenarismo non è un prodotto originale del mondo islamico, le origini storiche di questa concezione relative alla fine del mondo risalgono, infatti, all’Alto Medioevo cristiano e fanno riferimento al brano del testo evangelico in cui si indica una durata, mille anni appunto,  per l’avvento del secondo Messia. All’approssimarsi dell’anno Mille, nel mondo cristiano, sia quello colto che quello popolare , si manifestò la preoccupazione per la fine del mondo e l’attesa per il Figlio di Dio. Con l’avvento del Secondo Millennio, cioè con il passaggio dal XX al XXI si sono registrate simili preoccupazioni nel cristianesimo. La ventata millenaristica, mutatis mutandis, ha investito in pieno le religioni di matrice cristiane, con apparizioni misteriose, lacrimazioni eccezionali e particolari interpretazioni della Sacra Scrittura. Questi richiami, teologici e letterari, trovarono un terreno più fertile nel protestantesimo che nel mondo cattolico, la produzione letteraria neomillenaristica, di vario livello culturale, abbonda, infatti, nei paesi anglosassoni.  Negli Usa, i romanzi americani della serie Left Behind hanno venduto oltre venti milioni di copie. Non si tratta tanto di una forma di escatologia che possa essere presa sul serio dagli studi universitari, ma ha comunque una reale influenza su milioni di persone, come è testimoniato da  numerose indagini sociologiche. Siamo di fronte ad forma di “patologia” sociale e letteraria che non si ferma, purtroppo, solo agli scaffali delle librerie ma che imbeve interi movimenti politici degli States. Una simile forma patologica, speculare a quella protestante, la ritroviamo nel mondo ebraico e in quello islamico. Per i millenaristi ebrei la venuta del Messia coincide con il risorgere del Tempio, non riconoscendo in Gesù di Nazareth il Figlio di Dio. È per questo che nel turbolento mondo degli ebrei ortodossi si registrano due visioni contrastanti: da un lato coloro che affermano che il Tempio verrà ricostruito dal Messia dopo la sua venuta, dall’altro quelli che vogliono “forzare la mano” al loro Dio e che auspicano la ricostruzione del Tempio per mostrare di meritare l’avvento del Salvatore, che dovrà letteralmente scendere dal cielo come Signore degli Eserciti. Tra questi, i cosiddetti “costruttori del Tempio”, che vogliono spianare le moschee di Al Aqsa per ricostruire al loro posto il nuovo Tempio d’Israele. Venendo al mondo islamico le cose cambiano un poco. Il millenarismo, come abbiamo detto, non appartiene al mondo dell’Islam. La trasposizione che se ne fa è, quindi, analogica e vi si adatta male; i riferimenti apocalittici, fino a tempi recenti, raramente sono applicati alla lettura di eventi presenti, a concrete profezie “politiche” per il futuro. Nonostante questo, innumerevoli sono i romanzi popolari, che tracciano scenari futuribili del mondo che verrà, diffusi nel mondo arabo, soprattutto dopo la guerra dei Sei Giorni. Lo rivela una sorprendente analisi del Centro studi sulle nuove religioni (www.cesnur.org). È facile per gli studiosi precisare che queste opere non rappresentano l’autentica mistica apocalittica islamica, come dice appunto l’Università al-Azhar del Cairo, che mette in guardia tutti i lettori e gli studiosi da questo genere di letteratura. Da un punto di vista sociologico, però, è interessante notare che le opere degli autori più criticati, Sa’id Ayyub, Muhammad Da’ud, Bashir Muhammad Abdallah sono continuamente ristampate e godono di una grande popolarità in area sunnita. In che modo il millenarismo letterario può aiutare a capire personaggi come Usamah Bin Laden e la sua capacità di influenzare e reclutare? La sua visione millenaristica poggia su un’esegesi del Corano che, pur criticata da saggi islamici ostili al radicalismo, ha una lunga tradizione colta e non solo popolare. Frequenti sono i riferimenti a Taqi al-Din Ibn Tamiyyah (1262-1328), giurista di scuola hanbalita morto in carcere, considerato oggi un autorevole dotto in Arabia Saudita ed a Muhammad Abd al-Salam Faraj, giustiziato nel 1982 come ispiratore dell’assassinio del presidente egiziano Anwar el-Sadat. Se queste possono essere le basi culturali, l’operazione letteraria di questo genere di autori, i Tom Clancy del mondo arabo, sottrae temi come l’Anticristo (Dajjal) e  “i tempi ultimi” al monopolio delle élite colte, trasformandoli in storie di “carne e sangue” per le masse. Questo tipo di millenarismo popolare fa appello a fonti islamiche, alla letteratura fondamentalista protestante (che è conosciuta molto bene), alla propaganda antisemita, ad un esoterismo popolare e così via. In molti di questi romanzi,  l’avvento dell’Anticristo è il risultato di un complotto ebraico, che ha sempre come principale strumento gli Stati Uniti, i quali si alleano contro l’Islam, insieme ai nuovi “crociati”, in particolare insieme al Vaticano. In al-Mahdi al-muntazar ’ala al-abwab di Muhammad Da’ud (1997), ad esempio, si legge che l’Islam inizia il suo grande risveglio militare e il Vaticano d’intesa col governo italiano, invia dei sabotatori per impedirlo. Scoperte, le spie si pentono e il governo italiano si vendica uccidendone i familiari. Uno scenario farneticante, ma non rassicurante, per noi da leggere. Altra curiosità, dopo New York, di cui si parla spesso in questi romanzi, frequenti sono i riferimenti a Roma come obiettivo della collera islamica. In uno dei romanzi più diffusi, al-Masih al-Dajjal di Sa’id Ayyub (1987), alla fine delle conquiste “i canti di battaglia risuonano a Roma” salutando l’inizio dei tempi nuovi.

Articolo uscito su AREA pagine 29-30 “Speciale Fondamentalismi” 
Anno VI n° 63 NOVEMBRE 2001
con lo stesso titolo