Sui risvolti del caso Milingo Intervista a Massimo Introvigne
Sono
pesanti le ripercussioni del “caso Milingo-Chiesa
dell’Unificazione”: non solo lacerazioni nella Chiesa Cattolica ma
anche una ripresa delle screditate ed antiscientifiche teorie del
lavaggio del cervello, del fatto che le minoranze religiose, specie se
“nuove”, vengano spregiativamente bollate come “sètte” ed
accusate di circuire la gente. Ne abbiamo
parlato con Massimo
Introvigne, uno dei
maggiori esperti di nuovi movimenti religiosi, direttore del CESNUR,
Centro Studi sulle Nuove Religioni. “Credo
che l'assurda accusa di deprogrammazione sia nata da qualche dirigente
unificazionista italiano, che ha dovuto subito far marcia indietro.
Negli anni 1970 era comune tra i critici militanti delle "sètte"
una teoria piuttosto cruda del "lavaggio del cervello"
(derivata dalla propaganda CIA degli anni 1950 contro il comunismo)
secondo cui le "sètte" erano in possesso di tecniche
irresistibili capaci di cambiare le idee delle persone in pochi giorni.
Nacque, di conseguenza, la lucrosa professione di "deprogrammatore"
(un’immagine letteraria è nota al pubblico dal romanzo e film "Holy
Smoke"): se qualcuno lo subiva, l'unico modo di recuperarli era un
contro-lavaggio del cervello, la "deprogrammazione",
effettuato da ex-poliziotti ed ex-membri delle "sètte" con
metodi piuttosto bruschi, anche maneschi e illegali. Nel mondo di lingua
inglese, soprattutto con la sentenza americana "Fishman" del
1990, tali teorie sono considerate non scientifiche e non possono esser
usate nei tribunali; perciò la deprogrammazione è divenuta illegale,
alcuni deprogrammatori sono finiti in prigione, altri continuano a
lottare con metodi diversi. Le gerarchie cattoliche l’hanno sempre
condannata come non rispettosa dei diritti della persona ed è
inimmaginabile che se ne servano nel caso Milingo. Paradossalmente, gli
unificazionisti e la stessa Maria Sung hanno fornito un assist a quelli
che oggi si chiamano exit
counselors e alcuni, subodorando l’affare, si sono fatti
intervistare dicendosi a disposizione del Vaticano. Da una parte e
dall'altra si usa la stessa vecchia retorica, tipica - questa sì -
degli anni 1970 e fortunatamente superata, per spiegare scelte difficili
da chiarire: per alcuni cattolici è incomprensibile quella "moonista"
di Milingo -così deve trattarsi di lavaggio del cervello- per alcuni
unificazionisti è incomprensibile il ritorno del vescovo alla Chiesa e
quindi deve trattarsi di "deprogrammazione". Ma la mente non
è una lavatrice, la complessità del personaggio Milingo non può
essere liquidata con formulette pseudo-scientifiche”. Perché
è intervenuta l’American Clergy Leadership Conference, un’intesa di
protestanti conservatori, ostili alla Chiesa Cattolica ed al
dialogo ecumenico ma che avrebbe, fra i dirigenti, il successore di
Jesse Jackson notoriamente su posizioni ultraprogressiste? “La
Federazione non raggruppa denominazioni o Chiese ma singoli ministri di
culto che aderiscono
individualmente. Solo una minoranza fa parte di quelli che in Europa
chiamiamo "nuovi movimenti religiosi" (nel linguaggio
mediatico-popolare, meno correttamente "sètte"). La
stragrande maggioranza fa parte di denominazioni protestanti
conservatrici; molti (ma non tutti) appartengono al pentecostalismo.
Notevole la percentuale di pastori afro-americani. Per comprendere perché
molti pastori, la cui teologia è lontanissima da quella del reverendo
Moon, si affianchino a membri dell'Unificazione, in quest’organismo,
occorre risalire al 1984. Le campagne contro Moon portarono alla sua
condanna e detenzione nel penitenziario federale di Danbury per evasione
fiscale. Il giornale più ostile al reverendo, la "Washington
Post", parlò giustamente allora di "vittoria di Pirro"
perché la severità con cui è trattata un'irregolarità fiscale,
minima (15 milioni in lire) se paragonata ai bilanci di quella che
allora si chiamava Chiesa dell'Unificazione, sembrò a molti uso
improprio dello strumento fiscale per discriminare movimenti religiosi
impopolari. Per questo pastori di numerose denominazioni - alcune
politicamente "a sinistra"-, sentendosi minacciati da
quest’uso strumentale del fisco aderiscono all'invito di Moon di
formare una Federazione che li rappresenti e difenda contro possibili
discriminazioni, fiscali o
di altro genere. Non è un caso che molti siano afro-americani perché,
storicamente nel Sud degli Stati Uniti il fisco è spesso stato usato
contro Chiese nere che protestavano contro la discriminazione razziale.
L'attuale presidente della FFWPU è un pastore della Chiesa
di Dio in Cristo, fra le più grandi denominazioni afro-americane
pentecostali, fondata da Charles Harrison Mason (1886-1961) con oltre 15
milioni di membri nel mondo (non tutti neri: in Italia, vi sono accanto
a militari afro-americani parecchi convertiti italiani). Denominazione
protestante pentecostale assai rispettata per la lunga lotta contro il
razzismo, che io sappia nessuno l’ha mai accusata di essere una
"sètta", in nessun senso. I membri della Federazione sono
nella grandissima maggioranza pastori di denominazioni protestanti che,
neppure utilizzando l'espressione "setta" in senso molto lato,
possono esser accusate di esserlo. Cosa hanno in comune? In genere fanno
parte di denominazioni teologicamente conservatrici ed economicamente
meno ricche (caratteristiche comuni soprattutto nelle Chiese
afro-americane). Diffidano di organismi come il Consiglio Ecumenico
delle Chiese di Ginevra (del resto la maggioranza dei protestanti
americani non ne fa parte), che considerano teologicamente troppo
progressista e hanno un'atavica diffidenza verso il cattolicesimo in
genere. Per il protestantesimo conservatore di questi pastori (che
diffida dell'ecumenismo) la Chiesa cattolica è da una parte eterodossa,
dall'altra con un miliardo di fedeli troppo grande per esser
rassicurante: nel loro immaginario Roma è una specie di "grande
fratello" che vorrebbe dominare e assorbire le altre Chiese. Per
questo - anche se molti probabilmente non conoscono tutta la storia del
caso Milingo - non è difficile mobilitarli contro quella che sembra una
"prepotenza" di Roma”.
Articolo uscito su
Il
Corriere del Sud
anno X |