Perdono della Chiesa.

Intervista a don Piero Cantoni: "La Chiesa non ha paura della verità storica"

Gesti e parole del Santo Padre e il documento sulla purificazione della memoria, hanno scatenato una tempesta di commenti non sempre benevoli. Per un'analisi più approfondita di alcuni aspetti, con don Piero Cantoni - apprezzato studioso di teologia e liturgia, autore di volumi ben noti agli specialisti - che nella diocesi di Massa Carrara-Pontremoli guida l'Opus Mariae Matris Ecclesiae, associazione avviata a diventare istituto missionario che si prefigge di servire alla Nuova Evangelizzazione promossa dal Papa. Un po' preoccupato gli chiedo se esiste il rischio avanzato da Messori, mons. Maggiolini e il card. Biffi (sia pur con accenti differenti), di un progressivo annacquamento della dottrina immutabile della Chiesa Cattolica a causa delle "troppe" richieste di perdono per fatti storici da valutare in altro modo:

"Il rischio c'è, ma accompagna qualsiasi atto veramente coraggioso. Né si può dire che la consapevolezza di questo rischio sia stata assente in chi se ne è assunta la responsabilità. Il documento della Commissione Teologica Internazionale Memoria e riconciliazione, che ha preceduto lo storico atto del Papa e che ne costituisce l'interpretazione autentica, precisa che non vuole trattarsi di una "...auto-flagellazione".Non è solo una richiesta di perdono, ma prima di tutto un'offerta di perdono, nella consapevolezza delle "...tante persecuzioni subite dai cristiani nel corso della storia" - risponde sereno don Piero citandone passi - I presupposti teologici che legittimano quest'atteggiamento non costituiscono affatto una novità. Nuovo è il gesto, non le consapevolezze che ne fondano la legittimità teologica. La Chiesa Cattolica non ha mai compreso la sua santità come tale da escludere la colpa nei suoi figli, non solo semplici fedeli ma anche pastori; né la sua infallibilità dottrinale e pratica come tale da coprire tutti e indistintamente gli atti del suo Magistero. Naturalmente il giudizio dev'essere equo e - alle condizioni di un giudizio che sia tale - la Chiesa testimonia davanti al mondo di non aver paura della verità storica. Le formulazioni usate sono precise ed è nella loro precisione che debbono esser lette. Non si tratta di "sottigliezze" o "astuzie" ma di rigore teologico. La Chiesa, non condanna puramente e semplicemente "l'Inquisizione", ma gli abusi e le violenze che hanno accompagnato la sua attività, perché è consapevole che il controllo e il discernimento in materia di fede è un diritto-dovere dell'autorità nella Chiesa, che - al di là dell'etichetta - è sempre stato esercitato fin dai tempi apostolici. I fedeli hanno il diritto di sapere se un teologo sta deviando dalla retta fede per accogliere o rifiutare il suo insegnamento. Lo stesso diritto lo hanno anche i non credenti per sapere con certezza qual è il vero pensiero della Chiesa e fin dove arriva il legittimo pluralismo che la caratterizza. Ma la Chiesa, ammettendo così apertamente le sue debolezze, non compromette la sua credibilità? Mi sono posto molto seriamente questa domanda e mi è venuto alla mente un bellissimo detto di Confucio:"L'errare del saggio è come l'eclissi del sole e della luna. Quando sbaglia tutti lo vedono, quando si corregge tutti guardano a lui".

Possiamo dire che Giovanni Paolo II si conferma pontefice "mistico" data la natura particolare ed evidentemente spirituale della solenne celebrazione?

"Certamente, a patto però di intendere bene quest'aggettivo "mistico" così facilmente fraintendibile. Di solito infatti il mistico viene immaginato come "l'uomo con la testa tra le nuvole", lontano dal mondo e quindi dalla concretezza della vita. Niente di più falso - almeno per quel che riguarda la mistica cristiana. Basti pensare a san Giovanni della Croce e santa Teresa d'Avila, grandi mistici e altrettanto grandi riformatori. Per non parlare di sant'Ignazio di Loyola che - molti lo ignorano - fu un grandissimo mistico, oltre che uno straordinario organizzatore e lottatore. Mistico vuol dire unito a Dio. Posto che Dio si è incarnato, questo non può voler dire lontano dal mondo, ma assolutamente intimo al mondo e vicinissimo alla concretezza delle cose e della vita. Così nel gesto del Papa dev'essere soprattutto apprezzata la dimensione spirituale che gli fa cogliere l'urgenza di una Nuova Evangelizzazione e la necessità che sia preceduta da una opportuna "purificazione della memoria".

Sono allora quantomeno insufficienti, e comunque una dimostrazione di non aver ben compreso la profondità del gesto, i commenti non solo "laici" ma persino religiosi in generale ed anche "cattolici"?

"Si! Mi riferisco in particolare a chi ha visto nel gesto la rinuncia della Chiesa alla sua pretesa di verità e quindi alla prospettiva di una evangelizzazione universale. È vero proprio il contrario: solo chi è veramente convinto dell'esistenza di una Verità oggettiva che non dipende da noi - mentre noi dipendiamo da lei - può in tutta verità e sincerità dare e chiedere perdono. In questo mondo sempre più dominato dal relativismo, la Chiesa - per bocca del Papa - testimonia la Verità e anche il modo corretto di rapportarsi ad essa, che è quello di porsi al suo servizio. La Verità non è un prodotto che possiamo fare e disfare a nostro capriccio. Noi siamo posseduti da essa e siamo quindi chiamati a servirla:"Chi opera la Verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio" (Gv 3,21); "Conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi" (Gv 8,32).

Infine chiedo a don Piero quella che è forse la preoccupazione maggiore (e che anche in Vaticano si sono posti, come si è compreso dagli autorevoli interventi pubblici dei cardinali Ratzinger, Poupard ed Etchegaray); quale impatto avrà sui cristiani "qualunque"? Il tentativo dei mass-media, ideologicamente ostili, di dichiarare finita la "pretesa" cattolica della Verità, non metterà in serio pericolo l'Evangelizzazione?

"Nel documento c'è quest'importante affermazione: "...la purificazione della memoria non potrà mai significare che la Chiesa rinunci a proclamare la Verità rivelata, che le è stata confidata, sia nel campo della fede, che in quello della morale". Ritengo che un gesto come questo non rappresenta soltanto una preparazione all'Evangelizzazione ma ne costituisce un importantissimo momento. È la dichiarazione e la testimonianza che la Verità esiste e che - se in un certo senso è vero che è "figlia del tempo" perché gli uomini possono e debbono crescere nella sua conoscenza - tuttavia essa è tale da giudicare la storia. Nella Verità noi ci siamo "dentro" (cfr. Atti 17,28). Il compito di chi si impegna nell'apologetica cristiana, cioè nella difesa della verità del Vangelo e della credibilità della Chiesa, rimane assolutamente intatto, anzi arricchito di nuove motivazioni. In fondo si tratta di rispondere a queste domande: "che cosa è precisamente avvenuto? che cosa è stato propriamente detto e fatto?"; ciò che è veramente accaduto può essere interpretato come non conforme al Vangelo?; se sì "avrebbe potuto essere compreso... come tale ed evitato"? Questo per confermare il cristiano qualunque nelle sue convinzioni e per illuminare il non-credente. Si tratta anche di una pacifica ma terribile sfida. Il perdono della Chiesa è incondizionato e quindi non include la pretesa che altri facciano altrettanto. Ma il monito che si leva silenziosamente dal gesto del Papa non può non brillare in tutta la sua drammatica grandezza. Certamente anche altri dovrebbero chiedere perdono, altri dovrebbero aprire i loro archivi e sottoporsi al giudizio della storia, anzi della Verità...".

 

Articolo apparso su L'Arno n° 4 anno XIII Aprile 2000