Ma quanti fondamentalismi ci sono? Recensione
del libro di Mayer Un
utile strumento di agile consultazione, redatto con linguaggio
accessibile anche a lettori non “specializzati”,
per evitare di cadere in errori di valutazione e definizione che,
nell’attuale tragico panorama, rischiano di produrre effetti deleteri
se si generalizzano troppo condanne basate solo su pregiudizi,
stereotipi e persino disinformazione. Giunge al momento opportuno “i
Fondamentalismi” nuovo titolo della seconda serie della collana
“Religioni e Movimenti” (curata dal direttore del Cesnur, Centro
Studi sulle Nuove Religioni, Massimo Introvigne e redatta da Pierluigi
Zoccatelli), edito dalla ElleDiCi (www.elledici.org), Leumann (To), 104 pagine, 9
euro. Parafrasando Marx infatti si può affermare che “uno spettro
si aggira per il mondo” e turba i sonni anche di chi non si
interessa particolarmente di religione: lo spettro del fondamentalismo.
Si sente parlare non solo di una “destra fondamentalista” che
influenza gli esiti delle elezioni statunitensi, ovviamente del
“fondamentalismo islamico” – spesso sospettato di legami con il
terrorismo –, di un “fondamentalismo induista” che reclama
l’espulsione dei missionari cattolici e protestanti dall’India, di
quello ebraico più o meno legato al sionismo, e così via. Ma lo
spettro è reale? È possibile definire il fondamentalismo in
modo scientificamente corretto? A queste domande risponde un apprezzato
storico delle religioni, lo svizzero Jean-François Mayer, attento
anzitutto a mettere in guardia contro qualunque uso dell’etichetta
“fondamentalismo” a fini meramente polemici o per squalificare
avversari religiosi ritenuti non “politicamente corretti”. Non
senza ragione si cita il cardinal Franz Koenig (notoriamente di tendenza
“progressista” nel quadro della Chiesa di Roma) che nel marzo 1994,
in un simposio promosso dal Consiglio d’Europa, sottolineò che coloro
che sono trattati da “fondamentalisti” non meritano tale
appellativo: non perché si hanno convinzioni forti (specie religiose)
si dev’essere automaticamente etichettati così, non si devono “sospettare
tali tendenze ovunque”. Mayer
esamina quindi le correnti più spesso qualificate come
“fondamentaliste” e il loro complesso rapporto (che non è di
semplice rifiuto) con la modernità, scandagliando gli orientamenti
anche politici dei protagonisti e dei gruppi oggetto dello studio, del
loro rapporto coi modelli culturali in circolazione, di giudizi e
valutazioni di chi li avversa, proponendo di distinguere fra 2 grandi
categorie: fondamentalismi e nazionalismi religiosi, entrambi comunque
protagonisti ormai ineliminabili, della scena religiosa e politica
mondiale, coi quali la globalizzazione è chiamata a fare i conti. E il
traumatico “passaggio epocale” del dopo 11 settembre lo dimostra. Jean-François
Mayer, nato a Friburgo nel 1957, storico, si interessa ai nuovi
movimenti religiosi e al ruolo di tali fattori sulla scena
internazionale, autore di libri tradotti in varie lingue e di numerosi
articoli sui fenomeni religiosi contemporanei. Ha lavorato, dal 1987 al
1990 per il Fondo nazionale svizzero della ricerca scientifica, dal 1991
al 1998 come analista nella politica di sicurezza per il governo
federale svizzero, attualmente è docente in scienza comparata delle
religioni all’università di Friburgo. Articolo uscito su Il
Quotidiano della Calabria pagina 44 “Cultura & Società” |