Il giorno del Signore degli Anelli

Intervista a Marco Respinti

Sicuramente un film molto, molto bello, fedele alla lettera del libro, certo anche con libertà rispetto al testo ma in maniera giustificata, anche intelligente, dovendo seguire giustamente le esigenze cinematografiche. il libro si legge in tante giornate (e nottate) il film dura 3 ore, il regista ha dovuto “comprimere” la storia ma sapientemente”. Bologna, Marco Respinti (esperto di cultura anglosassone, traduttore di “Tolkien e Il Signore degli Anelli, Guida alla Terra di Mezzo” di Colin Duriez, Gribaudi Editore, Milano 2002, curatore della voce “Tolkien” nel “Dizionario del Pensiero Forte” reperibile nel sito www.alleanzacattolica.org ) ha visto in anteprima Il Signore degli Anelli e ci racconta le impressioni a caldo.

I pericoli “dell’hollywoodizzazione” dell’opera ci sono tutti o Peter Jackson è riuscito nell’impresa “elfica” di non farsi contaminare dalla megamacchina? 

 Forse sarà l’effetto di averlo appena visto, di esser uscito ora dalla sala ma appare una grande opera, non ci sono cadute di tono, sbavature per quel che riguarda la struttura portante. È riuscito a confrontarsi con un grande testo di letteratura facendo un’opera egregia senza cadere in facili divismi o storture commerciali. Credo sia un’opera molto intelligente dal punto di vista soprattutto cinematografico”

Le diffidenze che ha sempre avuto Tolkien nei confronti degli strumenti della modernità e del pericolo di azzerare l’immaginazione, propria di cinema o tv, sono confermate?

“Tolkien ha scritto il suo corpus – Silmarillion, Hobbit, Signore degli Anelli e tantissimo altro – 70 anni fa, qualcosa  è cambiato e giustamente, forse, di fronte alle tecniche odierne avrebbe avuto un’opinione diversa. Certo per i tempi in cui siamo il cinema offre ottime possibilità di realizzare bene un romanzo – uso questa parola in maniera particolare – in modo inaspettatamente creativo e dunque non tradisce lo spirito “sub creatore”, da “creatore secondario” (come Lui scriveva) con cui ha dato vita a quest’importante libro”.

Il nostro orizzonte dell’immaginazione è “saturo” da decenni, con le rappresentazioni fantasy di Disney, Excalibur, Conan e prodotti meno dignitosi di questo filone, che si sono ispirati per alcuni versi a Tolkien, c’è il rischio di un deja vu per chi non lo conosce?

Non penso, ci sono scene di combattimenti tipiche di questo genere al cinema ma sono molto poche, rispetto all’economia dell’intero libro per così dire, cosa che potrebbe deludere un fan di Conan però non i tolkeniani e anche chi si accosta per la prima volta a quest’opera tramite soltanto il film, perché c’è una ricerca di finezza in alcuni particolari, nella descrizione della psicologia dei personaggi, nella cura dei dialoghi che – tengo a sottolineare - sono in buona parte molto fedeli al testo e questo è un dato significativo. Da un canto non delude dall’altro non è deja vu rispetto a certa fantasy. È originale, non penso possa generare un filone perché l’opera a cui si ispira è unica; è un contributo di bellezza, userei proprio questa parola, nella descrizione, nella caratterizzazione di alcune scene; ve ne sono – le miniere di Moria, il ponte di Khazad Dûm, le panoramiche dei territori “solari” della Terra di Mezzo ma anche di quelli negativi che riguardano i luoghi maligni Isengard e Mordor – di molto suggestive e belle e, da questa visuale, di un’originalità e di una realizzazione tecnica davvero superlativa”

Jackson è stato definito un hobbit per l’aspetto e per l’inusuale rispetto nel leggere e nel cercare di tradurre la passione culturale e la temperie religiosa  naturaliter christiana del professore oxoniense sullo schermo; ha passato l’esame? E per quanto concerne il “messaggio”, le diatribe, i confronti, continuano sulla recezione degli scritti tolkieniani sin dagli anni 1960, in chiave sociologica e persino “politica“. Prima l’infatuazione di parte del movimento contestatore (gli hippies anglosassoni) attratti dal rispetto della natura, dalla sensibilità ecologica,  (fors’anche dall’erba-pipa) nella vita degli hobbit, viceversa in ambienti di Destra (specialmente in Italia) a fine decennio 1970 venne preferita la parte “medievaleggiante, eroica”

Promosso a pieni voti si. Per il resto la cosa migliore per chi lo ha già letto e per chi no, dopo aver visto il film, è di tornare all’originale. Se possibile accostarsi a tutti i libri del nostro caparbio prof, perché è il modo migliore per comprenderne lo spessore. Detto questo, il film si spiega bene, si fa capire, non credo ci siano spazi per fraintendimenti; certo è una verità raccontata per simboli, per immagini, tutto questo ha a che vedere con la bellezza e non è secondario questo dato. Il “testo” cinematografico “parla” così, vanno capiti, vanno “letti” ma i riferimenti sono di una chiarezza che non lasci adito a dubbi: sostanzialmente si tratta di una grande storia – con la nobiltà di questo termine – che racconta di persone impegnate a “spender bene” la propria esistenza e a farlo per la verità (ognuno può decidere se con la maiuscola o no). Ci sono figure che cadono, che non sopportano, non reggono la prova, non seguono “la verità del racconto e la verità oggettiva” spendo volentieri questa parola e sono molto chiari. Ho avuto accanto nella sala molti che non hanno letto i testi e sono rimaste colpiti da questa dimensione profonda. Averli  letti sicuramente aiuta ma anche il contrario non toglie “gusto” alla visione. Penso si possa dallo schermo risalire al libro, scoprire il testo o tornarci  e le cronache ci dicono che accade ovunque. Questo è un messaggio straordinario, siamo abituati a film che rovinano, “tagliano” i significati, non tanto la lunghezza dello scritto, e ne rimaniamo delusi, stavolta c’è un effetto a spirale positivo

Articolo uscito su IL QUOTIDIANO della Calabria pagina 49 “Cultura e Spettacoli” 
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nno 8 n° venerdì 18gennaio 2002 con lo stesso titolo