Terra di mezzo antidoto agli orrori Se
le “masse” preferiscono
il bello e il sublime (e persino il vero) Ma chi ha “deciso” che le
masse hanno sempre gusti e preferenze “volgari” e quindi i consumi
(appunto di massa: radio, cinema, tv, musica, arte, architettura,
letteratura, moda, fumetti) debbono essere livellati verso il basso, in
una rincorsa al brutto, al violento, all’osceno (non solo in
senso sessuale), al kitsch? La stereotipata risposta, da circa un
secolo, da parte di chi
“intellettualmente e materialmente” teorizza, idea e mette sul
mercato i prodotti di massa, è che l’uomo della strada è una specie
di bruto con pochissimo cervello, succube degli istinti primordiali e di
esigenze di pratica sopravvivenza e che dunque proposte troppo
sofisticate o, peggio, permeate di valori – lealtà, onestà, rispetto
della vita e della legge, bellezza – siano destinate a non avere
successo, perché “la gente” pretende solo schifezze. Strana teoria che trova riscontri (tanto per fare due esempi)
in George Orwell che nel capolavoro antitotalitario “1984”
indicava fra le tecniche di controllo del “Partito Unico” sui “prolet”,
la corruzione, tramite la diffusione in massa di pornografia ed
illusorie vincite alle lotterie… e nell’ex “padre-padrone” della
RAI sino agli anni 1970, Bernabei,
per il quale gli italiani erano (e sono?) “milioni di teste di
cavolo”. Perché allora da più di 60 anni, da quando apparve ed ebbe
successo “Lo hobbit”, decine di milioni di persone acquistano
e leggono le ponderose (migliaia di pagine) opere di un certo professore
di lingua e letteratura antica, un filologo che passava il tempo a
studiare opere antiche e ad “inventare” lingue elfiche?
John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973),
è la smentita, così macroscopica da non poter essere ignorata neanche
dai “custodi del politicamente corretto” di Hollywood (che infatti
stanno facendo di tutto per “impossessarsene”, incasellando il
Signore degli Anelli nei loro schemini da marketing sedicente
“progressista” per depotenziarne gli aspetti assolutamente non
conformisti), a tutti i luoghi comuni di cui sopra. Ma cosa trovano
intere generazioni di appassionati, di tutte le età, in quelle che non
sono “solo” (anzi per niente) invenzioni per bambini? Rievocando
l’Edmund Burke di “Inchiesta sul Bello e sul Sublime” (a
cura di Giuseppe Sertoli e Goffredo Miglietta, 4 a ed.,
Aesthetica, Palermo 1992), potremmo dire che Tolkien rende espliciti i
desideri più autentici che si annidano (sepolti, forse, ma non per
sempre) nei cuori delle persone: la tendenza al bello, finanche al vero
ed al sublime e che non sono un nostalgico residuato
di orfani della Grecia, di Roma, delle cattedrali medievali
e della Versailles di Luigi XIV, tanto per restare in tema di
tendenze artistiche. Nelle ultime settimane, specie in Italia, tutti
cercano di “tirare dalla propria parte” il povero Tolkien, a parte
quelli che lo deridono a priori in quanto “antimoderno” (si lamentava del fetore dei gas di scarico
di auto e fabbriche, dell’invadenza di radio e telefono) e lo
derubricano a scrittore di favolette, un po’ fissato con elfi e nani.
C’è chi pretende di perpetuare come se il tempo non fosse passato, la
diatriba di una trentina di anni fa, con la critica “militante” (nel
senso di schierata a Sinistra) che aveva steso in quei plumbei anni il
famigerato “cordone sanitario” contro l’editrice Rusconi che
pubblicava autori religiosi, conservatori, di “Destra” e perciò
andava ostracizzata, Tolkien compreso, ed oggi denunzia J.K. Rowling
col suo “Harry Potter” di “magia nazista” (!)
Invece ora c’è chi lo arruola fra “gli antifascisti”, chi lo
vuole liberale, chi neopagano e filonazi, chi anarchico e chi simbolo
antieuro (?) In realtà se l’assurda chiusura pregiudiziale degli anni
1970 evidenziava il provincialismo della cultura italiana predominante
(nei paesi di lingua inglese proprio alcuni personaggi Frodo, Bilbo,
Gandalf soprattutto, divennero simboli adottati dagli hippy e dai
contestatori “sessantottini” specie quelli sensibili alle tematiche
ecologiste), i goffi tentativi odierni simboleggiano plasticamente la difficoltà di liberarsi dalle
incrostazioni ideologiche e di ammettere
(e comprendere a livello anche psicologico personale) che chi è
cristiano (addirittura cattolico fedelissimo alla Chiesa) può “sub
creare”, come diceva esplicitamente lo stesso Tolkien,
un’intero mondo, La Terra di Mezzo, epico ed
appassionante per milioni di persone, permeato di valori religiosi. Per
questo bonario e casalingo (eppure soldato nella Grande Guerra) prof
inglese, il Vangelo è la storia più bella perché oltretutto è anche
vera. È la storia che riassume tutte le storie nella Verità. E
santifica tutti: uomini, nani, elfi e draghi. “Devo dire che tutto
questo è un mito - scrive circa la sua narrativa -, e non una
nuova specie di religione o di visione…per quanto riguarda il
puro espediente narrativo, questo, naturalmente, mi è servito per
cercare esseri provvisti della stessa bellezza, dello stesso potere e
della stessa maestà degli dèi dell’alta mitologia, che possano però
anche essere accettati, diciamo pure audacemente, da chi creda nella
Santa Trinità”. Articolo uscito su IL
QUOTIDIANO della Calabria pagina
41 “Cultura e spettacoli” |