Magistrati e politici a confronto

Città sempre più insicure, interi quartieri in balia della criminalità, diffondersi delle baby-gang, sbarco di nuove mafie

Roma - Magistrati, dirigenti di polizia, politici, docenti di diritto, esponenti della cultura cattolica, si sono confrontati sui problemi delle città sempre più insicure, con interi quartieri in balia della criminalità; nascita e diffondersi delle baby-gang; "sbarco" di nuove mafie pronte a tutto pur di conquistare il controllo del territorio. Fenomeni che fanno crescere nella società paura, angoscia e profonda sfiducia sulla possibilità di contenere e sconfiggere l'attacco criminale in atto. Un'analisi attenta dell'attività di contrasto svolta dalle forze dell'ordine, degli interventi - talora contraddittori quando non controproducenti - del legislatore, e del ruolo spesso mal compreso del processo penale, può contribuire a porre le basi per la soluzione di un problema che però affonda le radici etiche e culturali, prima ancora che economiche, nella moderna crisi morale e nella progressiva scristianizzazione del corpo sociale. A tale analisi ed all'esperienza concreta, si rifanno Alleanza Cattolica - movimento civico-culturale che promuove studio e diffusione della Dottrina Sociale naturale e cristiana, nel quadro del "progetto culturale" della Conferenza Episcopale e della Nuova Evangelizzazione promossa dal Pontefice - e l'I.D.I.S., Istituto per la Dottrina e l'Informazione Sociale (idis@iol.it), che, riprendendo un'acuta riflessione di Giovanni Paolo II - Discorso ai partecipanti alla prima sessione della Conferenza permanente del Ministero degli Interni su "La cultura della legalità", dell'8-7-1991, nn. 2-3, in L'Osservatore Romano, 8/9-7-1991:"[...] analizzando le cause che hanno ingenerato in non poche coscienze una sorta di eclissi del senso stesso della legalità, si è spinti a risalire verso quel più generale indebolimento del senso dei valori, che le analisi sociologiche vanno da tempo rilevando. [...] È chiaro, pertanto, che ogni azione mirante al recupero della legalità deve necessariamente partire dalla riaffermazione di questi valori fondamentali, senza i quali l'uomo è offeso nella sua dignità originaria e la società è intaccata nel suo nucleo più profondo" - hanno organizzato la tavola rotonda su "La città insicura" il 9 marzo a Roma, al Centro Culturale Orobico. Hanno partecipato Mauro Ronco, ordinario di Diritto Penale all'Università di Padova, sulle nuove minacce "Dalle "baby-gang" alle mafie internazionali: l'esplosione della criminalità", Giovanni Aliquò, segretario nazionale dell'Associazione Nazionale Funzionari di Polizia, su "La lotta contro la delinquenza: funzioni, qualificazione e professionalità delle forze dell'ordine", l'on. Alfredo Mantovano, componente delle Commissioni Giustizia e Antimafia, ha illustrato le "Strategie di contrasto del crimine e interventi legislativi" Mario Cicala, presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, ha focalizzato invece gli aspetti di "Prevenzione e repressione del delitto: il ruolo del processo penale", I lavori sono stati coordinati da Francesco Pappalardo, direttore dell' I.D.I.S. In particolare Giovanni Cantoni, reggente nazionale di Alleanza Cattolica, ha valutato le correlazioni delle radici etiche e culturali dell'emergenza criminalità: "Se crimine rivela e indica "devianza" rispetto a una norma, la "naturale" propensione a "deviare" - derivante dalla ferita prodotta dal peccato originale - trova ostacolo nella normativa statale, ma prima ancora in quella sociale. In altri termini, la "riforma della società" abbisogna di due strumentazioni, quella legislativa e quella "morale", cioè di "costume", cioè "culturale".Se la criminalità emerge, tale "uscir fuori", tale "venire a galla", tale superare la soglia di tollerabilità trova il suo fondamento in una "mutazione" antropologica prodotta da una "mutazione" culturale, a sua volta prodotta - nel caso di specie - dal passaggio ormai in corso da secoli - variamente misurato, periodizzato e giudicato, ma unanimemente ammesso - del mondo occidentale dal tipo "società organica" al tipo "società meccanica", dalla Gemeinschaft alla Gesellschaft, dal "popolo" alla "massa".L'uomo infatti è animale lato sensu culturale, "essere vivente" la cui seconda natura, accanto a quella biologica, è culturale. Quindi, ogni insufficienza così come ogni mutamento culturale ha conseguenze di nuovo lato sensu antropologiche. Ergo, ogni riforma che non voglia essere solo superficiale, cosmetica, o sostanza di cattiva retorica, cioè che non voglia limitarsi a contenere le conseguenze di una condizione storica, ma intenda porre realmente la scure alla radice, affrontando la criminalità appunto in radice, deve affiancare provvedimenti legislativi a provvedimenti educativi, sia relativamente alla formazione che all'istruzione. In caso contrario si persegue vanamente "la botte piena e la moglie ubriaca". Solo una cultura con espliciti contenuti valoriali, sia in fase di socializzazione primaria che in fase di socializzazione secondaria, costituisce presupposto non certo perché la criminalità scompaia, ma perché, ridotta l'incertezza sull'identificazione delle norme, si accresca di conseguenza la loro condivisione e si riduca corrispondentemente anche la "devianza" rispetto a esse. In altri termini, la criminalità cessi almeno di "emergere", non per il fatto di essere stata dimenticata o di aver vinto, quando "organizzata", quindi di esser passata da "devianza" a "norma", ma perché ridimensionata nel corpo sociale e, dunque, socialmente meno apprezzabile".

L'on. Mantovano, responsabile dei problemi dello stato per AN, ha criticato la maggioranza perché non riesce a varare nulla di serio in materia di sicurezza: "Nel pacchetto in discussione alla camera non c'è nulla su immigrazione clandestina, lotta agli stupefacenti, legge Gozzini, misure di prevenzione. Ci è stato detto che non sono pertinenti in materia! La Sinistra soffre di un'incapacità strutturale ed ideologica ad affrontare i problemi della sicurezza seguendo i canoni naturali per cui chi sbaglia paga". L'esponente della Destra ha citato il taglio di circa 30 mila unità delle forze dell'ordine fra prepensionamenti, blocco di straordinari e diminuzione del personale; ricordando la decisione scellerata dell'ex-ministro Napolitano di disarticolare i corpi speciali di investigazione, una misura così grave, con 2 anni di esodo non recuperabile, che l'attuale ministro ha dovuto ripensarci. In tema di droga, i demosinistri, partito di maggioranza del CentroSinistra, hanno approvato la legalizzazione e il regime carcerario previsto dal 41 bis ormai esiste solo sulla carta. Per l'on. Mantovano servono interventi puntuali contro un'emergenza che è ben oltre i tassi fisiologici ed è frutto di scelte politiche deliberate. In merito all'assunzione di 5 mila uomini nelle forze di polizia, ha spiegato che si tratta solo del recupero parziale di un depauperamento stimato in 15 mila prepensionamenti, 11 mila per la contrazione degli straordinari, 3 mila per effetto del contratto pubblico impiego. Il 90% degli autori di reati resta ignoto e solo il 2% entra in carcere; il numero degli evasi è passato da 125 del 1992 a 256 del 1998. Per Giovanni Aliquò segretario dell'ANFP, tra i mali che attanagliano il dispositivo di contrasto alla criminalità, vi è la mancanza completa di modernizzazione degli strumenti a disposizione delle forze di polizia, a cominciare dall'informatizzazione degli uffici e i problemi che si riscontrano nella circolazione del patrimonio informativo tra le stesse forze dell'ordine. E' intollerabile perché fonte di inefficienza e ritardi nell'azione di repressione. Per Aliquò occorrono poteri effettivi di indagine per chi esplica funzioni di Polizia Giudiziaria, più mezzi, che nella maggioranza dei casi sono assolutamente primitivi oggi, un sistema di effettività della pena ed anche un nuovo sistema di controllo interno: "Troppo spesso - ha rilevato - assistiamo a poliziotti, carabinieri e finanzieri, coinvolti in fatti spiacevolissimi. La responsabilità dei mancati controlli è da attribuire ai comandi; c'è bisogno di un sistema efficace di controllo a fini anticorruttivi". Per Aliquò prevenzione non significa poliziotto di quartiere ma conoscenza e strumenti adeguati. Infine Mario Cicala, presidente dell'ANM, ha sottolineato che in tema di benefici penitenziari la recidiva è altissima. Il che significa che la rieducazione non si è verificata. Dunque la maggior parte dei condannati non muta vita, adatta la scelta delinquenziale alle temporanee esigenze suscitate dai processi, che sono sempre meno un reale ostacolo alla commissione di nuovi reati e sempre più una mera molestia, molto afflittiva per gli innocenti, moderatamente fastidiosa per i colpevoli. Un esempio fra tutti: la recidiva e il professionale ricorso al reato, elementi gravi in un'ottica umana, vengono quasi cancellati., vanificati nella concreta individuazione della pena. La liberazione di condannati per reati gravi, subordinata alla sola condizione di un buon comportamento in carcere è un'ulteriore prova di opportunismo mal verniciato di perdono cristiano.

 

Articolo apparso su IL CORRIERE DEL SUD n° 7 anno IX