Rivoluzionari con i soldi dei supercapitalisti Greenpeace finanziata con fondi biotecnologici “Perché
fondazioni legate a multinazionali finanziano i “forum”
antiglobalizzazione? E gli antiG8 nostrani prendono soldi dal governo?” Rivoluzionari
internazionali ma coi soldi dei supercapitalisti. Contestatori in
Italia ma “parastatali”. Fra le contraddizioni non risolte –
spesso accuratamente celate ed oggettivamente strane” –
dell’arcipelago dai tanti volti e nomi che, ormai in tutto
l’Occidente, contesta i
governi partecipi della globalizzazione e le istituzioni tipo FMI,
Banca Mondiale e WTO, vi è quella dei finanziamenti che svariati di
tali gruppi ricevono proprio
da chi combattono. Chissà se anche gli antagonisti militanti dei
centri sociali sono stati foraggiati da qualche “pensatoio”
multinazionale come i loro compagni a Porto Alegre. Già, chissà se
lo spiegamento anti-G8 da Italia, Europa e resto del mondo, in azione
a Genova gode di così generosi sponsor così come il Foro Sociale
Mondiale (FSM), svoltosi dal 25 al 30 gennaio a Porto Alegre, nel
Brasile meridionale. Un incontro internazionale realizzato con finanziamenti
della Fondazione Ford, dell’olandese Novib e tedesca
“Heinrich Böll“, le prime due chiaramente riconducibili a
gruppi multinazionali. Lo rende noto nell’analisi,
“Foro Social Mundial: laboratorio de la subversión”, Gonzalo
Guimaraens Acquistapace, sul quotidiano Diario de Las Américas di
Miami, in Florida. Non
sono però queste le uniche note stonate degli emuli delle proteste
del “Sessantotto” e del “Settantasette”. A partire dal nuovo
mito Manu Chao, colonna sonora per eccellenza degli anticapitalisti
che però è nella “scuderia” della Virgin di Richard
Branson, una casa discografica simbolo
del “pensiero unico” e della globalizzazione omologante nella
musica. Così come Naomi Klein – si quella del libro “no logo” – che si è fatta organizzare le
presentazioni in Francia
(dove la gauche au caviar , da Sartre ieri che esaltava i tanto
pacifisti compagni sovietici, a Danielle Mitterand oggi, che idolatra
il subcomandante Marcos, è sempre una potenza)
dalla FNAC, che non solo è una multinazionale ma ultimamente
sta cancellando le piccole librerie tradizionali nelle città dove
spadroneggia. E che dire di Grenpeace che viene finanziata da “Wallace
Global Fund e Wallace Genetic”? Per la cronaca fanno profitti
con le biotecnologie contro cui – apparentemente? – Greenpeace si
batte. E non poteva mancare il simbolo per eccellenza della
globalizzazione turbocapitalistica: la Coca Cola che si dà alle
…opere di bene (!) elargendo
fondi al “Movimento vocazionale Ginepro Serra”. Ma il massimo, va
detto con ammirazione, lo raggiunge
la “Ruckus Society” di Mick Roselle – un pilastro
del popolo di Seattle – che addestra i sovversivi con corsi
intensivi di contrasto
alle misure di polizia, disobbedienza civile e, non meglio
specificate, altre “azioni dirette”,
riesce in un solo colpo a prendere soldi da Ted Turner (il boss
della CNN ovvero il logo multimediale della globalizzazione più
spinta), da Ford, Chrysler,
Union carbide, Chase Manhattan Bank (quella dei Rockefeller), Chevron,
Hoffman-La Roche, Procter & Gamble, Hewlett & Packard. In
modo più casalingo i nostri rivoluzionari – peraltro molto
salottieri - aspirano a
diventare “parastatali” come Agnoletto
“esperto” del Ministero per la Solidarietà Sociale, mentre
il Genoa Social Forum, di cui è portavoce, si è beccato alcuni
miliardi da Governo e Regioni per ospitare i contestatori in alberghi
e scuole, per avere in dotazione computer, linee telefoniche e
collegamenti internet, impianti di amplificazione e parecchio altro. Qualcuno
– fra i pochi che si chiedono il perché di tali
“incomprensibili” rapporti tra le organizzazioni della finanza
internazionale e quelle della contestazione altrettanto mondiale
– tira in ballo Lenin e la sua famosa
e sprezzante frase
“I capitalisti ci venderanno anche la corda con cui impiccarli”.
E se il fine fosse molto più complesso, articolato: se chi –
multinazionali, oligarchie tecno-burocratiche - indirizza e guida
questo modello di globalizzazione (che non è detto debba esser
l’unico possibile), stia
“creando”, come in un laboratorio, un’opposizione che gli faccia
comodo? Che in realtà non disturba più di tanto i manovratori? E
magari mantiene i paesi che vogliono sul serio progredire, in
situazione di inferiorità?
Articolo uscito su IL
QUOTIDIANO della Calabria pagina 7 “Primo Piano” |