L'Occidente attacca

Intervista a Giovanni Cantoni sulle radici del conflitto nel Kósovo-Metohjia.

" Vi è la necessità di ricordare quanto si vuol far dimenticare, i settant'anni di socialismo reale in Europa e nel mondo".

Per cercare di comprendere con maggior chiarezza le molteplici implicazioni del conflitto del Kósovo-Metohjia scoppiato fra la Nato e la "minifederazione" della Jugoslavia - in realtà, in pratica con la Serbia dato che la repubblica federata del Montenegro rifiuta di schierarsi -, abbiamo intervistato Giovanni Cantoni, direttore della rivista "Cristianità" e reggente nazionale di Alleanza Cattolica (un movimento civico-culturale che tematicamente si propone di studiare, diffondere e applicare la Dottrina Sociale naturale e cristiana, rielaborando anche gli insegnamenti del Magistero e dei pensatori cattolici controrivoluzionari alla luce della realtà odierna). Lo abbiamo interpellato perché ha prospettato un'analisi che tiene conto di tutti i fattori storici esistenti remoti e prossimi (divisioni etniche e persino linguistiche dei popoli, rancori atavici, i frutti avvelenati dell'intossicazione causata dalle ideologie, interessi geopolitici e strategici) ed in particolare delle conseguenze di decenni di totalitarismo comunista e dell'implosione della sua versione imperialistica sovietica, a partire dal novembre 1989, con la caduta del "Muro di Berlino". Elementi che però quasi tutta l'informazione globalizzata non illustra, non essendo in grado così di chiarire la questione - senza considerare la propaganda e la disinformazione massicciamente utilizzata -. Anche Irina Alberti e Maurizio Blondet su "Avvenire" hanno proceduto a riflessioni simili, evidenziando che il potere a Belgrado è in pugno a comunisti che strumentalizzano l'idea di patria e nazione e finanche la religione cristiana-ortodossa (dopo averla perseguitata), per rimanere al potere esercitando il terrore con metodi bolscevici - deportazioni, discriminazione sociale e ideologica, uccisioni di massa - sia contro i kosovari di etnia albanese che contro serbi e montenegrini "non allineati".

Chiedamo pertanto a Cantoni qual è il dato più importante dello scontro in atto? Possiamo "ridurre" il tutto ad una resa dei conti fra "nomenklatura veterocomunista jugoslava, travestita da nazionalista cristiana serba, contro progressisti-liberal occidentali"?

"Esistono depositi storici nei quali, accanto alle più diverse etnie e alle più diverse culture, si accumulano anche i più diversi problemi pure storici, cioè consistentemente annosi. La Penisola Balcanica è certamente uno di questi depositi. Vi sarebbe di che far meditare i cultori delle società multietniche e multiculturali. Se volessero meditare e non limitarsi a emettere slogan. Per parte mia, non credo vi siano spiegazioni monocausali degli avvenimenti storici, tanto meno di quelli che si producono in questi depositi. Quindi, le "ragioni" di quanto accade sono certamente molteplici, materiali e sottili, antiche e nuove. Ma fra quelle evocate manca consuetamente quella indicata come "riduttiva", perché comporta la necessità di ricordare quanto si vuol far dimenticare, i settant'anni di socialismo reale in Europa e nel mondo. Si tratta di un ricordo indispensabile per capire sia la sopravvivenza jugoslava che, per esempio, la metamorfosi italiana: le nomenklature progressiste occidentali avversano le sopravvivenze perché, in qualche modo, favoriscono il ricordo. Per parte mia rilevo che l'interpretazione qualificata come "riduttiva" identifica il dato più importante nell'ottica della fine di un secolo caratterizzato dal totalitarismo, che non si esaurisce in una dittatura, ma consiste soprattutto prima nell'invasione, poi nella sostituzione della società da parte dello Stato. Quindi, di fronte alla guerra, mi auguro si concluda almeno anche con la liberazione del popolo serbo dalla parte aggressiva della corrispondente nomenklatura socialcomunista e con l'introduzione pure in Serbia della "libertà occidentale", sotto la guida della parte della nomenklatura socialcomunista meno aggressiva, e non per simpatia nei confronti di quest'ultima, ma per assenza di alternative: infatti, chi ha preparato in esilio una classe dirigente alternativa? E so trattarsi di una libertà di cui valuto tutti i limiti, ma anche tutti i vantaggi. Ma non sono abituato a "sputare nel piatto in cui mangio", come purtroppo fanno tanti intellettuali sedicenti di Destra, specializzati in antioccidentalismo, patetiche e sgradevoli sopravvivenze di terzaforzismo e di terzomondismo".

Date queste premesse, può dirsi una "guerra etica", come affermano gli esponenti delle Sinistre al potere in Europa e negli Stati Uniti d'America?

"Senza discutere la terminologia, non credo che all'origine della guerra stia nessuna prospettiva "etica", ma che in essa vi siano oggettivamente aspetti "etici", come pure nell'esito che ho auspicato. È forse necessario ricordare che una parte consistente della popolazione russa e della resistenza anticomunista colsero l'aspetto "etico" anche nell'invasione dell'URSS da parte del Terzo Reich?"

Non vi sono comunque molti lati oscuri? Rapporti di Milosevic - potente banchiere rosso della "Beogradska banka" sotto il comunismo titoista - con i "kissingeriani" come Lawrence Eagleburger e col Fondo Monetario Internazionale, radici marxiste-leniniste (in versione Enver Hoxha) dell'UÇK (Ushtria Çlirimtare e Kósovës, Esercito di Liberazione della Kósova), sostegno di Soros proprio a queste fazioni kosovare, penetrazione turca e/o islamista attraverso la cosiddetta "dorsale verde"?

"Ogni affermazione meriterebbe di essere prima verificata e poi discussa: anche se confermata, non sposta in nulla il giudizio sull'esito, cioè sulla liberazione dei serbi dai socialcomunisti aggressivi, e il contestuale alleggerimento della pressione genocida di questi ultimi sui kosovari. Per esempio, perché denunciare e non segnalare soltanto il sostegno del finanziere George Soros ai kosovari? Se non Soros, qualcuno che paghi serve, dal momento che sembra inverosimile che i kosovari abbiano barattato le armi con le pecore. Le guerre diventano accettabili solo quando sono fatte con i propri risparmi? Oppure quando sono sostenute con prestiti ricevuti da "banche etiche"? Per fare la Rivoluzione in Russia Lenin si rivolse a banche di questo genere o la fece con l'autotassazione dei rivoluzionari in esilio?".

Ferma restando l'analisi sulla fase storica - dunque esito "periferico" delle conseguenze del 1989 e dell'eliminazione di un regime comunistico di tendenza "carrista" -, non si deve tener conto anche della posizioni del Santo Padre e del Vaticano e dei veri conservatori statunitensi avversi a questa guerra che, fra l'altro, la NATO rifiuta di definire tale? L'Europa, o meglio la speranza di una Comunità di popoli e nazioni, non rischia di essere spazzata del tutto?

"Tengo assolutamente conto della posizione di Papa Giovanni Paolo II e della Santa Sede, che, in genere, si preoccupa di denunciare la qualificazione della guerra come "guerra di religione" - come ha fatto a suo tempo a proposito della Guerra del Golfo -; quindi, in specie, chiede in primo luogo la cessazione immediata delle operazioni jugoslave contro le popolazioni del Kosovo, in secondo luogo la sospensione dei bombardamenti della NATO. Ma non fa appello a un ipoteticamente assoluto principio del "non intervento", la cui applicazione selettiva grava sulla coscienza di chi la pratica, non condanna tematicamente la sua applicazione; così come la violenza del violento è la causa dell'azione di forza cui è sottoposto. Quanto ai conservatori americani, credo di capire le ragioni di chi vive al Centro dell'impero o almeno nei pressi del Centro e tutto giudica nell'ottica della sopravvivenza del Despota Clinton, "immorale, falso e bugiardo"; ma faccio presenti le ragioni di chi vive alla Periferia dell'impero stesso, dove l'arrivo delle legioni dal Centro è anzitutto speranza di liberazione e il nome del comandante dice poco, anche se non proprio nulla. Quanto alla guerra e all'Europa, evoco l'eterogenesi dei fini: infatti, comunque la si chiami o la si voglia chiamare è una guerra, e però una guerra che allarga la possibilità della Comunità Europea e in qualche modo la cementa, anche senza volerlo, come ogni "buona azione" fatta insieme".

L'esponente cattolico ci presenta perciò una posizione responsabile perchè fornisce una risposta al fondamentale quesito: quale altra alternativa poteva essere concretamente praticata per tentare di salvare migliaia di persone se non l'uso della forza? E che sia un'analisi più che corretta lo conferma il poderoso impegno in aiuto di Milosevic delle Sinistre internazionali ancora "nostalgico-comuniste" di tutte le tendenze (catto-comunisti compresi), personificate da Cossutta - definito dall'ammiraglio Martini ex-responsabile del Sismi, "noto agente del Cominform" - e dal suo peregrinare fra Mosca e Belgrado, fra "tovarisch" rimasti sovietici e jugoslavi sotto le maschere del panslavismo o dell'Ortodossia, così come l'incontro di Cipro - fra partiti e gruppi comunisti per l'adozione di tattiche e strategie comuni in difesa dei nomenklaturisti serbi - ha dimostrato con assoluta chiarezza.

Filippo Salatino

Articolo apparso su IL CORRIERE DEL SUD N°6 ANNO VIII 30 APRILE-15 MAGGIO 1999