Nella Grancìa briganti e cafoni protagonisti

I "briganti" in scena

Briganti e cafoni protagonisti (finalmente) in positivo, in uno spettacolo insolito, artisticamente valido, tecnologicamente all'avanguardia, intrigante e coinvolgente nei drammi che rappresenta, e con tanto di presenza su Internet. Verrebbe da sintetizzare così il Cinespettacolo "La storia bandita" ambientato nella Foresta della Grancìa, nel cuore della Basilicata, in provincia di Potenza, nel territorio del comune di Brindisi di Montagna, presentato in Prima nazionale venerdì scorso. Ma non è solo questo naturalmente, perché si tratta sia di un grande film dal vivo con oltre 400 attori che, ispirandosi storicamente al brigantaggio, evoca in maniera spettacolare le vicende tragiche che hanno fortemente colpito le popolazioni rurali meridionali dal 1799 al 1870 ed oltre, sia di un evento spettacolare unico in Italia, che unisce e "contamina" teatro, danza, cinema, musica, inserito in un parco a tema, storico, rurale e ambientale che si sviluppa su circa 25.000 metri quadri, pieno di attrattive naturali, di reperti storici di valore - il Castello Fittipaldi e la Rettoria di san Demetrio, un'abbazia del 1500 - e di "moderne" utilizzazioni del vissuto antico (artigianato, cibi, utensili, animali, persino i falconi con tanto di scuola per l'arte della falconeria) intrecciate con scuole di danza popolare, movimento scenico, tecnologia del suono e delle luci. Il tutto nasce dal sogno di alcuni giovani desiderosi di riscattare la condizione di presunta "inferiorità" che condannerebbe in eterno il nostro Sud e che circa vent'anni fa rimasero affascinati da quel che a Puy du Fou in Vandea, in una zona della Francia simile per vicende storiche e per "sottosviluppo", erano riusciti a fare con tenacia Philippe de Villiers ed i suoi amici artisti, creando un'attrattiva visitata ormai da milioni di turisti. E così, coi fondi dei programmi Leader II dell'Unione Europea, il coinvolgimento della Regione Basilicata, di realtà economiche ed associative locali, dei Comuni facenti parte del Parco, la società "Piani e Programmi di azione locale" messa su da Giampiero Perri, ha perseguito con tenacia la realizzazione del progetto il cui cuore è lo spettacolo. Dall'idea di Perri, con testi di Oreste Lo Pomo, la consulenza storica di Tommaso Pedio, il cinespettacolo dal vivo, in un'anfiteatro da 3 mila posti, circondato da boscose alture, ha visto scatenarsi la fantasia e le invenzioni tecniche e sceniche di Jean-François Touillaud e di Victor Rambaldi il regista (figlio di Carlo), le coreografie di Carmelina Iannelli oscillanti - in nome di quella "contaminazione" di generi già ricordata - fra tragedia greca e movenze dell'Aikido, nobile arte marziale volta alla ricerca "dell'armonia universale", costumi ed ambienti rurali di pace e poi di "guerriglia", accuratamente ricostruiti da Gerardo Viggiano. Con le voci principali di Michele Placido (il brigante e "generale" Crocco, eroe tragico della saga), Paolo Ferrari (zio Martino), Orso Maria Guerrini (il generoso e sfortunato volontario spagnolo José Borjes, cattolico legittimista), incastrate nel "gioco" delle movenze degli attori e del racconto, le musiche anch'esse aderenti alla trama fra cui va segnalata la canzone di Dalla "Arriva un momento nella vita", le soluzione tecniche ardite - schermi d'acqua di 30 metri, diaproiezioni da 6000 watts che presentano immagini giganti sui fianchi della montagna -, il merito principale va però secondo Giampiero Perri - e si può concordare con questo giudizio - agli oltre 400 interpreti, quasi tutti non professionisti, tutti volontari, che si sono impegnati sino ad 8 ore al giorno nelle prove. Ed il risultato è certo pari alle speranze ed alle attese: pensate, far vedere e narrare la storia quotidiana dei "cafoni", dei generosi contadini e montanari di Lucania (ma che rappresentano davvero tutto il nostro Sud), vittime sempre di soprusi ed inganni dai prepotenti di turno, che finisce per intrecciarsi con le grandi vicende storiche che vivono sulla loro pelle - l' invasione francese del 1799, l'insorgenza dei popolani Sanfedisti guidati dal calabrese card. Ruffo, quella successiva del 1806, poi l'arrivo nel 1860-'61 dei garibaldini e degli spietati "piemontesi", l'ineluttabilità del "brigantaggio" in realtà ancora un'insorgenza rurale e la sconfitta che causa l'emigrazione di massa -, riuscendo ad appassionare il pubblico, con effetti degni di un kolossal hollywoodiano, con un ritmo capace di reggere il confronto con la tv, con una qualità artistica complessiva non disprezzabile. Una volta tanto forse i "vinti", cafoni, emigranti, spregiati come "briganti" e non come generosi insorgenti, possono "far notizia" e reggere il confronto con la modernità. E con la globalizzazione perché sono pure su internet http://www.parcostorico.it/.

 

Articolo apparso su IL QUOTIDIANO della Calabria, anno 6 n° 173, 28 giugno 2000