Il 1799 dalla parte dei sanfedisti

Cosa accadde realmente fra gennaio e giugno del 1799 nel Sud, in quello che era il Regno di Napoli? Quali le radici di un dramma le cui conseguenze si sono fatte sentire a decenni di distanza? E perchè c'é chi vuol riproporre -- come se il tempo non fosse trascorso e la realtà di oggi uguale ad allora ...--, le stesse faziose divisioni fra i ceti sociali ed identiche lotte ideologiche? É proprio necessario dividersi ancora fra giacobini e sanfedisti? O (nientemeno!) fra borbonici e repubblicani? In quest'anno tante rievocazioni, convegni, manifestazioni, purtroppo hanno avuto un'impronta gonfia di retorica stucchevole, di invettive nostalgiche, più adatte ad una propaganda assurdamente "settecentesca" che a pacate riflessioni sulla storia di tutte le genti italiane e meridionali in particolare.

A questi interrogativi tenterà di rispondere un convegno promosso dalle associazioni "Il Seme" e "Joseph de Maistre", col patrocinio del Comune di Corigliano e la consulenza dell'ISIN (Istituto per la Storia delle Insorgenze), per venerdì 29 nello storico Castello Ducale, recentemente restaurato, a Corigliano centro, dal titolo "1799: invasione francese e insorgenza popolare sanfedista".

I lavori - coordinati dal giornalista Pieremilio Acri - inizieranno alle 16.30 col saluto del sindaco Giuseppe Geraci e l'introduzione dell' assessore alla P. I. Tommaso Mingrone a cui seguiranno gli interventi di don Vincenzo Longo presidente de "Il Seme" che tratterà de "L'ambiente storico-sociologico nella seconda metà del '700", Francesco Pappalardo giornalista e saggista, approfondirà "Il 1799: la Repubblica giacobina e il Sanfedismo"; Giovanni Ruffo, calabrese trapiantato a Milano,con l'hobby della rievocazione storica, presenterà il suo avo, "Uno statista calabrese: il cardinale Fabrizio Ruffo"; concluderà Oscar Sanguinetti direttore con un'analisi su "Studi e Ricerche storiografiche sull'Insorgenza".

Nel corso dell'incontro Maurizio Sisca presidente della "de Maistre" presenterà i volumi "Il cardinale rosso" di Giovanni Ruffo pubblicato da Calabria Letteraria Editrice e "1799: Rivoluzione e Contro-rivoluzione nel Regno di Napoli" di Francesco Pappalardo, edito dall'ISIN.

Ma cosa furono realmente le Insorgenze? E quella detta "sanfedista" -- "Armata Cristiana e reale della Santa Fede" chiamò il Ruffo le "masse'' di volontari calabresi e i piccoli reparti regolari che accorsero al suo proclama --, cosa ebbe di particolare? anticiparono l'unificazione secondo l'interpretazione degli storici "nazionalisti" Niccolò Rodolico e Giacomo Lumbroso, un fenomeno solo "reazionario-legittimista" come vorrebbero quelli di fazione rivoluzionaria, ovvero - come emerge da un' analisi più accurata - una manifestazione dell'esistenza di un "comune sentire" di popolazioni diverse unite, anche e soprattutto, dall' affermazione pubblica della comune identità religiosa. Non si deve dimenticare infatti che gli Stati italiani detti "pre-unitari" erano caratterizzati da "bassa incidenza" sulla società civile, rispettosi della personalità che si sviluppa autonomamente senza intervento coattivo di un potere politico centrale. Ad "unità statuali" corrispondevano più realtà regionali, gruppi di uomini con propria fisionomia individuata da lingua e cultura. Tali gruppi vengono efficacemente definiti dallo studioso Mario Albertini come "nazione spontanea".

E tale nozione è cruciale per la comprensione di quel che accadde realmente nel Regno di Napoli: l'invasione di un'agguerrito esercito straniero che provocò la guerra civile - dura, feroce, come lo sono tutte - fra i sostenitori (pochissimi peraltro) degli occupanti francesi ed i meridionali (quasi un intero popolo), rimasti fedeli non solo e non tanto al re ed alla monarchia borbonica, quanto ad istituzioni, leggi, alla propria terra, ad usi e costumi tradizionali, compresa la Fede in un Cristianesimo intensamente vissuto e che aveva un rilievo fondamentale nella vita sociale.

"Insorgenza" dunque: una rivolta popolare spontanea "pro aris et focis" che racchiude in sé guerra di liberazione e guerra civile. Con un'incidenza testimoniata dalle cifre più accreditate (ma molto prudenti) dei morti causati in tutt'Italia dagli eserciti francesi e dai giacobini locali: circa 60.000, (secondo un calcolo del generale Thiébault dell'inizio 1799), la maggior parte non in battaglie e scontri ma in feroci rappresaglie e distruzioni di paesi e cittadine che avevano osato "resistere'' agli invasori ed ai loro saccheggi. Per il nostro Sud bastino un paio di dati: fra i 4 mila ed i 6 mila "lazzari e luciani'' (i soprannomi dei popolani) caduti a Napoli e dintorni in 3 giorni di accaniti scontri, per impedire ai francesi di entrare nella capitale con il comandante dell'Armée, generale Championnet, che scrisse: "...I lazzaroni sono comandati da capi intrepidi. Il forte di Sant'Elmo li fulmina, la terribile baionetta li atterra, essi ripiegano in ordine, tornano alla carica...". E le esecuzioni "legali'' decretate dai tribunali della Repubblica - ben 1563 - contro gli oppositori (senza contare quelle sommarie, molte di più). Un fiume di sangue che scavò, per la prima volta da quasi 2 secoli, un solco di odio tra le genti meridionali e che fu conseguenza diretta delle successive vendette.

I nostri conterranei si sacrificarono con generosità quindi, pagando un altissimo tributo; il convegno darà pertanto attenzione particolare a questi "ultimi" in tutti i sensi, diffamati, emarginati, "maledetti'', persino ora.

 

Articolo apparso su Il Quotidiano della Calabria, ottobre 1999