Siamo nell'era post-globale E' finito il sogno del mondo globale Niente
più “global” siamo entrati nell’era “post global”.
Lo scrive il docente di economia internazionale Mario Deaglio su una
rivista che – paradossi della storia – si chiama Global FP,
un bimestrale che esce ormai da un
anno e mezzo, redatto da “think tank” (serbatoi di pensiero, come
gli anglosassoni definiscono fondazioni e istituti di ricerca politica,
economica e strategica) importanti e molto ascoltati dai “poteri
forti”, quali l'Istituto affari internazionali (IAI) e l'Istituto per
gli studi di politica internazionale (ISPI),
pubblicato dall'editrice La Stampa
in collaborazione con Foreign
Policy Magazine, a sua volta rivista del Carnegie Endowment
for International Peace. Global FP è diretta da un comitato
formato da Boris Biancheri, presidente dell'ISPI, Cesare Merlini,
presidente dello IAI, Moisés Naim, direttore di Foreign Policy,
Gianni Riotta, condirettore de La Stampa, redattore capo Stefano
Lepri. Il n°11, ha per tema ovviamente “La
prima guerra globale” ed
a risultare particolarmente interessanti sono i contributi di Deaglio,
di Stefano Silvestri presidente dello Iai, del sociologo
Steven Kull che in una intervista con “l'americano/a medio”,
basata su decine di sondaggi, descrive come gli Stati Uniti vedevano il
mondo un attimo prima dell'11 settembre: le nuove scelte di George W.
Bush hanno radici profonde nell'opinione pubblica, mentre l'unilateralismo,
il rifiuto di accordi internazionali, i dubbi per sull'Onu, non
l'avevano, a differenza di quel che si pensa in Europa. Quanto il mondo
uscirà cambiato dagli attentati? Per gli ideologi globalisti – quali
in gran parte sono i collaboratori della rivista – da un lato alcune
forme, tendenze e ritmi del processo sin qui in atto, si arresteranno
per sempre, o rallenteranno o cambieranno. Tuttavia, soprattutto
l’esperto di strategia Silvestri, nell’articolo
“Contro il terrorismo non c’è trionfo”, cerca di
capire quali potranno essere i nuovi equilibri mondiali, data la
sorpresa di nuove e spregiudicate alleanze, però poi “sale in
cattedra” per ribadire la necessità di una forte limitazione del
principio di sovranità nazionale richiamandosi all’analista Robert
Cooper ed a John Chipman, direttore dell’IISS, l’Istituto
Studi Strategici di Londra, fautori del cosiddetto “stato
post-moderno”, progressivamente deterritorializzato quanto a potere,
mentre dovrebbero crescere in importanza entità quali le
multinazionali. Silvestri scrive testualmente:“…In una società
globale questa guerra cerca di imporre nuove regole…La necessità di
una guerra è dettata dall’incapacità delle organizzazioni
internazionali a regolare tale situazione. Ciò è dovuto al fatto che
il vigente diritto concede ancora troppo spazio e potere ai singoli
stati…”. Ma davvero la soluzione alle evidenti lacune del
modello socio-economico e tecno-finanziario sin qui seguito, è di
inasprire la corsa verso un superstato mondiale, stile
“Leviatano”, che imponga l’azzeramento delle identità?
E chi dovrebbe governare tale megamacchina (come direbbe Serge
Latouche)? Attendiamo lumi dal tecnocrate, nonché “filo oligarca”
Silvestri. Articolo uscito su IL
QUOTIDIANO della Calabria pagina
51 “Cultura & società” |