Una rivoluzione buonista

Sulla Stampa un'apologia della "violenza corretta", quella castrista.

Niente libertà di stampa, anzi indispensabilità della censura preventiva persino sulle pur minime "critiche", necessità della pena di morte, mediante fucilazione degli oppositori, soprattutto se sono "... giovani idealisti (che) morivano gridando Viva Cristo Re... " perché ovviamente "...bisogna capire la Rivoluzione" (e certo, ci mancherebbe). Chi propone (e su che giornale, particolare non secondario) questo bel programma all'insegna di diritti umani e libertà personali e civiche? Qualcuno "politicamente corretto", ovviamente progressista e buonista, come i nostrani "postcomunisti", risponderà giulivo: Pinochet o uno dei suoi sgherri, oppure un altro dei tanti despoti presunti "di Destra" - si sa ce ne sono un'infinità in giro, comunisti invece nemmeno uno (Cina, NordCorea, Vietnam, non contano) -. Magari " l'uomo nero" mondiale di moda, Haider, sorpreso da un coraggioso reporter "democratico", in un raptus filohitleriano su qualche fogliaccio razzista. Invece no. L'aspirante "poliziotto del pensiero" altrui, nonchè fanatico sostenitore della pena di morte (altro che Clinton e Bush junior, dilettanti al confronto), è Ernesto Cardenal, religioso nicaraguense, propagandista del marxismo cattolico - o del cattolicesimo marxista? Non si è mai capito... -, già ministro della Cultura (sic) col regime sandinista a fine anni 1970 inizio '80, oggi riciclatosi in zelante sostenitore del più longevo dei tiranni, che però è mito per tutti i progressisti: Fidél Castro. E dove sta scritto tutto questo? Su "Liberazione", "il manifesto", "la rinascita", giornali che, almeno, sono dichiaratamente comunisti? No. Su uno che si autoincensa come il più "laico, democratico, repubblicano, progressista, liberale, azionista" (di aggettivi "politicamente corretti" ne usano un'infinità) e che, notoriamente, non ha nulla da spartire con " l'imperialismo capitalistico" nostrano e statunitense: La Stampa.... Un'intera pagina fitta di piombo, sabato 4 sul "raffinato" inserto culturale "ttL" del quotidiano della multinazionale dell'auto, celebrava, con toni "castristi" (è il caso di dirlo), la figura clerico-marxista di cardenal, definito, e seriamente, "un mistico della politica", pubblicando l'intervento alla "Feria Cubana del Libro" svoltasi nell'isola-gulag del totalitarismo tropicale. Frotte di "intellettuali" italiani (scrittori, editori, agenti letterari, giornalisti) si sono precipitati da castro per "l'Evento culturale" (mi raccomando la maiuscola direttore). La Stampa, ci fa sapere che alcuni convegni sono stati organizzati dal Premio Grinzane Cavour in collaborazione coi ministeri degli esteri e dei beni Culturali. E leggiamo allora qualche altra perla di saggezza del "poeta" Cardenal che " ha reso testimonianza della sua fede senza riserve nel castrismo", perché " la vocazione religiosa nella sua opera... non si disgiunge mai dalla militanza politica, il vangelo è riletto dalla parte dei poveri e si concilia col marxismo rivoluzionario... " , scrive ispirato il redattore del noto foglio "proletario" torinese. Cardenal rievoca, approvando entusiasticamente, tutto quel che sentenziava e gli spiegava sulla realtà di Cuba e del felice regime del "lider maximo", Cintio Vitier, "l'ultimo patriarca della lirica cubana" per La Stampa (in pratica un altro intellettuale cortigiano di Castro). "Quando venni la prima volta non c'era ancora la teologia della liberazione, ma fu cintio ad aprirmi gli occhi sulla rivoluzione...", chiarisce Cardenal. E sono certo, argomenti "di peso" specie per un "cristiano": "...vedemmo in lontananza la fortezza de La cabaña Lì sono morti fucilati tanti giovani idealisti. Morivano gridando Viva Cristo Re! Credevano di morire per Cristo e non sapevano di esser stati usati da agenti della Cia e dai seguaci di batista". Per la cronaca e per la verità storica, erano invece, tutti, oppositori del corrotto regime di Fulgencio Batista (appoggiato fra l'altro, sino al 1958 dal Partito Comunista nascosto dietro la sigla PSP, socialista popular), erano nazionalisti, cristiani, anticomunisti, fecero la guerriglia urbana sul serio e i loro movimenti Resistencia Civica e Directorio Revolucionario Estudiantil, guidati da Frank País e José Antonio Echeverria, avevano molto più seguito popolare del "Movimiento 26 de Julio" dei fratelli Castro e di Che Guevara, in cui, comunque, c'era una forte componente anticomunista autorevolmente rappresentata dal valoroso guerrigliero camilo Cienfuegos (poi fatto sparire dai castro dopo la vittoria del gennaio 1959). Inoltre, proprio Castro era ben visto e riceveva appoggi, da influenti lobbies statunitensi; come testimoniano gli entusiastici reportage di Herbert mattews del New York Times, i rapporti dell'ambasciatore dell'epoca Earl Smith (ora scrive su Foreign Affairs rivista del CFR - Council on Foreign Relations organismo "mondialista" - e vuol annullare le sanzioni a Cuba) e quelli degli agenti della Cia che consigliavano il governo degli USA di ...sostenere Castro. Al contrario i giovani idealisti, fucilati prima da Batista e poi, quelli rimasti, dai plotoni di esecuzione comandati da Guevara, erano contro la svendita di dignità ed identità nazionale ai gringos, ma poiché combattevano col rosario al collo e non avevano idee di sinistra, erano malvisti dai liberal che influenzavano la stampa e la politica estera di Washington. Cardenal e Vitier tengono a farci sapere che "Una delle cose più belle di questa rivoluzione è che tutti mangiano esattamente le stesse cose. Abbiamo la stessa tessera di razionamento...". Poverini, chi sa come sono sciupati i gerarchi della nomenklatura comunista che, come sanno gli stranieri in visita a Cuba, nei negozi in cui si paga solo in dollari e si trova tutto, non ci vanno mai... Infine, la perla sulla libertà di pensiero che merita il premio Stalin:"...Un argomento spinoso per le rivoluzioni è quello della libertà di stampa. Le parole di Cintio furono chiarificatrici: Non è ancora stato scoperto il modo di rispettare la libertà di stampa in un regime socialista ...Sono convinto che il giornalismo, così com'è inteso nei paesi capitalisti debba finire. Forse arriveremo ad avere bollettini con le notizie, puramente informativi, mentre l'orientamento e la critica spetteranno alle riviste ...". quest'esaltazione delle repressione delle libertà elementari ha suscitato proteste dei soloni del giornalismo mondiale? Neppure una. Aveva ragione il fondatore della prima dittatura comunista, Lenin: "Ci daranno pure la corda per impiccarli...".

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Filippo Salatino

 

Articolo apparso su 7GIORNI7 n° 9 anno II di martedì 28 marzo 2000