Un imperialista di nome Castro

Cuba: verità e menzogna sulla storia dell'opposizione e della guerriglia contro Batista. Castro non era l'unico né il più importante jefe della resistenza (ma era, da sempre, comunista)

Recupero della memoria storica significa non solo rievocare avvenimenti più o meno passati ma ristabilire "scomode verità", evidenziando i "metodi di disinformazione" usati, ma anche (e forse soprattutto), ricavare "lezioni" utili per il presente ed il futuro. Fra le tante operazioni "da manuale" attuate dalle centrali comunistiche atte alla propaganda, sicuramente il caso cubano riveste un'importanza basilare. La distorsione della storia, della realtà, di quel che accadde nell'isola caraibica dal '53 al '59, ha raggiunto livelli che rasentano la "scientificità". La vulgata vuole che contro la corrotta e sanguinaria dittatura (di "destra", "controrivoluzionaria", "fascista", ovviamente) dell'ex-sergente Batista, sostenuta dagli imperialisti yanquis e dai "mafiosi", si sia sollevato un gruppo di eroi, Fidèl, el Che, Raùl ed altri, tutti di sinistra o comunisti che, seguiti dall'intero Pueblo cubano, hanno sconfitto le schiaccianti truppe governative. Niente di più falso. Al pari di altre vere e proprie "menzogne organizzate" ad esempio sulla resistenza armata in Polonia nell'ultima guerra, essenzialmente nazionale ed anticomunista, anche su Cuba una cappa di piombo ha, totalmente e totalitariamente, stravolto la realtà. Innanzitutto, il regime di Fulgencio Batista y Zaldivar venne appoggiato - sino a buona parte del 1958 - nel pieno della guerra civile, dal PSP , il Partido Socialista Popular, sigla locale del partito comunista i cui dirigenti, non consideravano "mature" le condizioni per una "rivoluzione", sia per l'esiguità numerica dei militanti, sia per la composizione e l'orientamento delle forze di opposizione e resistenza a Batista, per non allarmare la popolazione con azioni troppo scopertamente "bolsceviche" ed anche per "preservarsi" integre le forze per essere determinanti "dopo" secondo la buona tattica leninista. D'altronde il regime batistiano non aveva alcun tratto definibile di "Destra", "controrivoluzionario" o "Fascista" perchè era non solo un semplice e tipico regime di militari senza alcuna ideologia che non fosse quella del "potere per il potere" ma, ancor di più, il suo presunto "caudillo", era stato un beniamino di gruppi di potere nordamericani delle presidenze democratiche ( Batista arrivò al potere nel '33 dopo interventi dell'inviato "diplomatico" di Franklin D. Roosevelt, Sumner Welles) , non certo classificabili come "di Destra", persino per gli elastici standard che si utilizzano nelle analisi sulla politica negli Usa. Al contrario, i settori di popolazione che si opponevano a Batista - anche per la sua mancanza di "dignità" nella difesa dell'identità e degli interessi nazionali - erano genericamente "nazionalisti", spesso cattolici, in stragrande maggioranza anticomunisti, tanto che, i "rossi" non erano ammessi fra le loro fila. I componenti di "Resistencia Civica" e del "Directorio Revolucionario Estudiantil" che si battevano nelle città (negli llanos), erano giovani, molti gli studenti liceali ed universitari, attivissimi e coraggiosi che sfidavano apertamente la repressione batistiana, ma per il PSP erano: " ...Gruppi di gangsters avventuristi..." . furono essi che sopportarono il peso maggiore della lotta, che subirono le perdite maggiori, vedendo cadere praticamente tutti i leader della rivolta, Josè Antonio Echeverria, Gutierrez Menoyo, Faure Chamon, Ignacio Gonzalez. Ma anche nel "Movimiento 26 de Julio", quello fondato da Fidèl Castro, i militanti urbani non erano comunisti, compreso il loro "jefe" , Frank Paìs o Gustavo Arcos, come ha testimoniato un altro dei protagonisti dell'insurrezione, Carlos Franqui , epurato da Fidèl e Raùl Castro dopo la vittoria. Persino nell'Ejercito Rebelde, fra i combattenti della Sierra, non solo Camilo Cienfuegos, capo della colonna che marciò per tutta Cuba, era notoriamente anticomunista (finì per "scomparire misteriosamente" la notte del 28 ottobre '59) ma lo stesso Fidèl si presentava come "democratico, riformista" ed ostentava il suo cattolicesimo militante e praticante con tanto di Bibbia nel tascapane, rosario e "fotomontaggi" con la patrona di Cuba, la Virgen de la Caridad del Cobre, che gli appariva per indicargli la vittoria (!). Qui va analizzato e riportato alla luce un altro fattore importante di riflessione, la vera natura politica ed ideologica della figura di Fidèl Castro Ruz. La solita propaganda filocastrista, specie in ambienti "occidentali", narra che il futuro "lìder maximo" fosse un sincero patriota cubano, figlio del popolo, "liberale", come scrisse un potente giornalista del "New York Times" Herbert Matthews, diventato comunista e filosovietico per colpa degli yanquis e della CIA ma soprattutto delle "oscure forze reazionarie" cubane. Altro clamoroso esempio di disinformazione. Fidèl Castro, nasce in una famiglia latifondista nel 1927 e, già a vent'anni, partecipa ad una "spedizione" per liberare Santo Domingo dal dittatore Trujillo fallita miseramente a Cayo Confite; nell'aprile '48 si trova "per caso" in Colombia, a Bogotà e prende parte attivamente agli scontri fra i "colorados" (letteralmente i rossi, dal colore del Partido Liberal, accesamente laicista) di Jorge Eliecer Gaitan ed i "blancos" (i bianchi, nazionalisti e cattolici) scontri che culminarono in una carneficina passata alla storia come "el Bogotazo" e che provocarono la nascita di gruppi terroristici marxisti (dagli originari nuclei liberali) attivi ancor oggi. Ma non è finita qui la carriera di quello che può definirsi un "rivoluzionario di professione" al servizio delle varie strutture comunistiche. Dal nuovo settimanale dell'Unità, il Diario della Settimana, infatti apprendiamo che in Russia l'ex-agente del KGB Nikolaj Leonov nome in codice "Licolete", nel suo libro di memorie racconta di aver incontrato a Genova sulla nave "Andrea Gritti", Raùl Castro il 5 maggio del '53 e poi "per caso" nel '56 a Città del Messico, il fratello Fidèl, ancora Raùl ed Ernesto Che Guevara (che aveva partecipato nel'54 agli scontri in Guatemala fra i sostenitori del coronel filocomunista Jacobo Arbenz Guzman e di un altro colonnello, non comunista, José Castllo Armas) ... Già tutto questo offre molti spunti di riflessione su tattiche e strategie della guerra rivoluzionaria e della disinformazione ma non dobbiamo dimenticare il ruolo fondamentale che ebbero nella costruzione del "mito" Castro i più influenti giornalisti statunitensi come Herbert Matthews del "New York Times" (a cui Fidèl era stato raccomandato dalla potente famiglia cubana dell'economista Felipe Pazos) descrivendolo come invincibile, seguito da migliaia di uomini e donne, sincero fautore di un "nuovo corso democratico" e - sembra incredibile ma solo a chi ignora la reale ideologia dell'establishment nordamericano - l'ambasciatore Earl Smith (una sua dichiarazione pro-Castro è apparsa anche in questi giorni), il suo consigliere politico John Topping e gli agenti della sede dell'Avana della CIA, considerati all'epoca tutti "fidelisti".

 

Articolo apparso su Secolo d'Italia 30 novembre 1996