1° incontro di Cantiere Laboratorio  
coordinamento di associazioni culturali calabresi

“Chi sbaglia cultura, sbaglia politica

 

domenica 2 settembre 2001 - S. Eufemia

 

S. Eufemia Lametia (Cz) - "Chi sbaglia cultura, sbaglia politica". Emblematica frase dello storico delle idee nordamericano Russel Kirk fatta propria dalle associazioni culturali che hanno costituito “Cantiere Laboratorio”, un’organismo di raccordo di differenti esperienze, un “luogo” di ricerca ed elaborazione culturale libera, per intervenire autonomamente sul piano sociale. 4 gruppi del lametino - Associazione “Progresso e Solidarietà”, Centro Informazione Culturale di Fronti, Eventi “Or.Gio.C.” di S. Eufemia, Centro Culturale “L’Albarano” di Bella - gli Amici di Cristianità di Crotone, l’Associazione Culturale “PostFuturo” di Cosenza, hanno elaborato, nella mattinata di domenica 2 settembre a S. Eufemia, un programma minimo - dunque concreto e fattibile, non un ennesimo libro dei sogni – ma organico, di iniziative e manifestazioni, segno tangibile della volontà di “fare” un’azione civica, sociale, culturale. In apertura Elia Sgromo consulente per le politiche sociali del comune di Lametia e responsabile regionale di Alleanza Cattolica, ha chiarito con quale spirito nasce l’iniziativa: dall'esigenza di costruire un luogo per formare uomini, non specialisti di un settore ma con un comune sentire; per valorizzare le professionalità e le capacità dei singoli, in una realtà territoriale dominata dall'indifferenza, in presenza di una comunità umana pressata da emergenze, volontarismo, velleitarismo, improvvisazione. Ri-partire per  riacquistare coscienza di chi si è e cosa si  vuol diventare; dei soggetti politici, non partitici, svolgendo un’azione culturale, pre-politica, in permanenza, ben oltre il dato elettorale. «Non lasciamo tutto all'inventiva individuale, ma coltiviamo l’arte politica, techné politiké come diceva Aristotele” – ha concluso Sgromo - diffondendo una cultura per la politica, che sia mentalità e approccio nuovo ai problemi». Un primo approfondimento ha riguardato la politica internazionale, in particolare ai tanti risvolti della globalizzazione. Filippo Salatino, collaboratore di varie testate nazionali e regionali, ha lanciato delle “provocazioni” sull’eccesso di informazione non comprensibile che confonde ancor di più tutti noi, sullo stato attuale del mondo, conseguenza degli eventi del 1989-1991, sul ruolo degli USA, sull’amministrazione Bush junior, su global e no global  indicati quali facce della stessa medaglia, l’ideologia globalista e quella anti, muovendo da premesse simili tendono a raggiungere risultati di omologazione che si intrecciano. Un momento di riflessione indispensabile perché i fatti, più o meno remoti, hanno però diretta conseguenza sul presente e portano ad incidere sulla vita di tutti giorni. Per questo si analizzano, ci si potrebbe chiedere infatti perché – dati i problemi della Calabria – si perda tempo con la  politica estera; perché  ormai è strettamente connessa a quella “interna”. Ciò è evidente in tutti i problemi connessi all’Europa. Non più costretti al muro contro muro, gli europei, sollecitati da nuove istanze statunitensi favorevoli ad un minor coinvolgimento diretto,  ma anche incalzati dai possibili problemi derivanti dal peso debordante della Germania riunificata, decidono di accelerare nel rafforzamento dei legami e passare da Comunità ad Unione europea, scegliendo però – denotando sudditanza all’economicismo ed al primato della finanza, carenza di volontà politica e visione strategica – la moneta quale fulcro di tale unione. Accantonando le radici culturali, religiose, mettendo in secondo piano anche  quelle sociali e politiche. Tale deriva è presente sin dal 1973 almeno, come è scritto sui documenti ufficiali dell’allora CEE che davano una definizione di “cultura” quale insieme di strumenti utili allo sviluppo socio-economico e turistico… Questo perché il modello di organizzazione – solo apparentemente spontanea – di mercato economico-finanziario (che è poi il nucleo della globalizzazione così com’è ) che si sta imponendo su scala mondiale, costringe  a privilegiare appunto gli aspetti legati all’economia o , peggio, alla finanza più o meno virtuale. Realizzando così quasi un trionfo di alcune delle  peraltro screditate elucubrazioni di Marx che predicava l’estensione in tutti gli angoli della terra del capitalismo selvaggio, la sottomissione di tutti i rapporti umani all’economia – il resto in quanto sovrastruttura dei “veri” moventi, solo materiali, delle persone -, l’omologazione di tutti i popoli ad un unico modello economico e quindi sociale, culturale.
E sarà il caso di riprendere tale questione “fra global e no global” perché in Marx c’è un’altra tendenza fatta propria dai sedicenti nemici della globalizzazione: il tribalismo da buon selvaggio ecologista, l’anarchismo come stadio finale della storia, il comunismo non come modello “sovietico” (stato ipertrofico, fabbriche, progresso industriale e tecnico), bensì quale orda priva di strutture statuali, il collettivismo non burocratico ma anarcoide.

Dopo numerosi interventi ed un’analisi più dettagliata di alcune delle “provocazioni”, Giancarlo Cerrelli presidente regionale UGCI, Unione Giuristi Cattolici, ha delineato rapide linee di politica nazionale partendo da considerazioni sociologico-filosofiche: una nazione è fatta da uomini, per capire come cammina dobbiamo conoscere l'uomo. Esiste una legge naturale da cui discende un ordine interno alla singola persona che però deve riflettersi - essendo l'uomo animale sociale - nella vita associativa. La nostra società si è rivoltata contro la natura o ne è vicina? Dal 1968 siamo in una fase di rivolta, ha chiarito Cerrelli che, ripercorse le tappe della cronaca politica è giunto  alle vicissitudini dei governi di Centro-Sinistra ed al cambio, si spera positivo, di coalizione e  blocco sociale. La prospettiva è la ricostruzione ma la rinascita può partire solo da noi stessi e il compito di Cantiere laboratorio è la formazione di persone, ambienti, società. Pertanto il corpo sociale è l'elemento più importante, nel 1994 all’epoca della prima alternanza,  la classe politica non fu adeguata e si disfece, anche ora  vi è più consenso che quadri dirigenti, tecnici e nitida visione politica. Sgromo ha concentrato l’attenzione sul ruolo dei Democratici di Sinistra: gruppo che rischia di sparire come avanguardia del processo progressista in Italia, questo è in gioco oggi. Il PCI non era come gli altri era  ma soprattutto partito di quadri che organizzava e guidava le masse. Oggi si fronteggiano  3 anime: i “vecchi” speso non anagraficamente, mentalità da PCI, forgiati dalla scuola-quadri di Togliatti, con senso dello stato e dell'apparato, hanno un progetto strutturato, politico e di società. Mentre i Veltroniani, sono i post-sessantottini, si richiamano ai miti e simboli della sub-cultura di massa, all’insegna di un generico buonismo e del “fateci sognare”. La più pericolosa tendenza però, che ha per emblema la barba di Massimo Cacciari, che ha personalmente teorizzato il no global,  idealizza  un passato pre-cristiano e immagina un futuro post-moderno, contigua ai Centri Sociali nel senso di chi teorizza, elabora l’aggiornamento dell’ideologia, non ovviamente di chi va poi per strada a manifestare che risulta essere solo la manovalanza. Siamo in fase di transizione, ha concluso Sgromo riprendendo anche i vari interventi, i rischi aumentano, la CdL e il Centro-Destra  non hanno  la titolarità del potere ma solo del governo. Come esponenti dell’associazionismo e della società civile bisogna porsi come organizzatori del consenso sociale. Analizzando come si affrontano i problemi, con quale metodologia e mentalità. Altro snodo cruciale affrontato, il Sud come “problema”. Sgromo ha tracciato le reali cause del sedicente “sottosviluppo” meridionale, i pregiudizi di quel partito antitaliano col sogno, oligarchico, illuministico,“rifare gli italiani” in quanto arretrati, succubi delle superstizioni religiose, soprattutto cattoliche. Un’ideologia, un “giro mentale” che ha sempre imposto al Sud, a colpi di centralismo e statalismo, lo snaturamento dell’identità. Sola alternativa il federalismo diffuso, non solo politico-istituzionale  per attuare, dal Sud, sviluppo endogeno che è prima una questione culturale e poi “industriale”. Sono infatti venuti meno i legami di accoglienza, l’essere una comunità di destino (come quando nei paesi si faceva il pane), il comune sentire, lo spirito, facendo crescere alienazione e disgregazione. La cultura meridionale deve riacquistare diritto di cittadinanza. riscoprendo legami sociali e cultura del dono, gratuità e solidarietà vissuta, senza fare astrazione dalla fede: il Cristo incarnato è simbolo cardine della religiosità popolare in quanto raffigura  l’umanità condivisa. Numerosi i consiglieri ed assessori che hanno partecipato ai lavori, fra essi il presidente della Prima Commissione della Regione Egidio Chiarella che ha porto un breve saluto, per il comune di Lametia l’assessore Giovanni Andricciola, Mario Benincasa, vicepresidente del Consiglio Comunale, i consiglieri Nicola Gargarozzo e Alessandro Gallo, la presidente della Circoscrizione Nord Maria Materasso. Inoltre sono intervenuti Donato Malvasi, consigliere provinciale del sindacato Cisl di Cosenza, Giuliano-Claudio Gullo presidente dell’associazione “Area”, Aldo Rametta presidente dell’associazione Progresso e solidarietà.