Articolo apparso sul n. 240 di Cristianità

Lorenzo Cantoni,
Il problema della popolazione mondiale e le politiche demografiche.
Aspetti etici
,
Cristianità, Piacenza 1994, pp. 112, £. 10.000

Le problematiche demografiche e quelle relative allo sviluppo costituiscono un terreno particolarmente delicato rispetto a cui, spesso, i mass media sono strumenti di propaganda per politiche di controllo coercitivo della popolazione, sostenute da informazioni semplicistiche e da proiezioni approssimative o inesatte. In proposito occorre dunque una consapevole presa di posizione da parte dei cristiani e di tutti gli uomini di buona volontà.

Lo studio di Lorenzo Cantoni Il problema della popolazione mondiale e le politiche demografiche. Aspetti etici costituisce una prima risposta a questa esigenza. L’autore, laureato in filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, è perfezionato in bioetica presso il Policlinico Gemelli di Roma e svolge attività di formazione e di informazione su temi di interesse bioetico nell’ambito di Alleanza Cattolica.

Il volumetto — dedicato a Maria salus infirmorum — è suddiviso in cinque capitoli, preceduti da una Premessa (pp. 5-6) e da un’Introduzione (pp. 7-8), e arricchito di utili grafici e tabelle.

Il primo capitolo fornisce Alcuni cenni sullo sviluppo della popolazione mondiale (pp. 9-32) con note preliminari sulla demografia e sullo sviluppo della popolazione in genere.

In via generale si può dire che il metodo più diretto per misurare la popolazione sia il censimento, ma il censimento richiede un’organizzazione complessa con costi molto elevati; inoltre, la sua validità può in parte venir meno a causa di eventi che rendano difficoltosi il rilevamento e la pubblicazione delle cifre, come le epidemie o le guerre; d’altra parte, ragioni politiche, strategiche ed economiche possono spingere gli stessi governi a falsificare i dati pubblicati. Siccome, poi, è impossibile realizzare censimenti con scadenze molto ravvicinate, i dati vengono aggiornati sulla base di proiezioni a partire dal censimento più recente e queste sono influenzate a loro volta dall’organizzazione anagrafica del paese al quale si riferiscono e dall’adeguatezza o meno delle ipotesi di lavoro su cui si fondano.

Tra i fattori che determinano l’evolversi della popolazione meritano un particolare rilievo la fertilità media per donna — numero medio di figli che una donna ha nel corso della sua vita fertile —, la vita media e la mortalità infantile; l’agire congiunto di queste cause e di altre ancora, in particolare la composizione della popolazione per fasce di età, può determinare fenomeni inaspettati: si potrà, per esempio, avere una popolazione in crescita con una fertilità inferiore a quella che garantirebbe il rimpiazzo generazionale o, viceversa, una popolazione in declino può nascondere forti aspettative di crescita a causa di una fertilità molto elevata.

L’andamento della popolazione nei paesi sviluppati (pp. 16-23) — l'autore precisa che "nel testo si utilizzano le locuzioni "paesi in via di sviluppo" e "paesi sviluppati" [...] solo relativamente a quanto esse dicono rispetto alla loro situazione economica, avendo ben presente che lo sviluppo è realtà assai più complessa e articolata" (p. 7, n. 3) — ha visto una crescita iniziale della fecondità media per donna e della popolazione in termini assoluti dal secolo XIX fino alla metà del secolo XX, poi una stabilizzazione della popolazione in termini assoluti e una contemporanea riduzione degli indici di fecondità, fino a giungere a un loro cospicuo ridimensionamento, cioè fino all'attuale valore, al di sotto del livello che consentirebbe il rimpiazzo generazionale; questo fenomeno prende il nome di "transizione demografica". Qualcosa di analogo sta ora accadendo nei paesi in via di sviluppo (pp. 24-32): una forte crescita della popolazione, non accompagnata da un incremento dei mezzi di sussistenza, ha generato l’impressione di una situazione insostenibile e della necessità di rapidi interventi di politica demografica; ma, oltre alle cautele già ricordate, occorre collegare i problemi della popolazione a quelli dello sviluppo: la densità demografica dei paesi in via di sviluppo è generalmente debole, le difficoltà nascono dalla scarsità dei mezzi più che dalla crescita della popolazione, inoltre la transizione demografica non si compie alla stessa velocità in tutti i paesi: nel Terzo Mondo si sta realizzando in modo molto più veloce che nei paesi sviluppati, e questo non solo con riferimento all’aumento della popolazione, ma anche in relazione al successivo calo della fertilità.

Il secondo capitolo, La "bomba P" e il problema delle risorse (pp. 33-49), collega la popolazione al problema delle risorse.

I fattori coinvolti nel calcolo delle esigenze individuali di beni sono tali da rendere scarsamente informativo qualsiasi valore medio che prescinda da ogni differenziazione culturale, geografica o economica. Inoltre, le risorse non sono un’entità fissa destinata solo a esaurirsi, ma variano in funzione e della loro effettiva conoscenza e dello sviluppo tecnologico, che permette di utilizzare elementi prima non considerati utili, o di abbandonarne altri in origine ritenuti essenziali; né bisogna dimenticare che la popolazione stessa si rivela un fattore utile allo sviluppo economico: infatti, l’incremento della popolazione è presupposto per l’esplorazione e lo sfruttamento delle risorse naturali di un continente, sì che un recente studio evidenzia una correlazione positiva fra l’aumento della fertilità e il prodotto pro capite del diciassettesimo anno successivo (p. 38).

I problemi affrontati fino a questo punto possono inquadrarsi nell’ottica di un corretto rapporto tra l’uomo e l’ambiente (pp. 46-49): occorre ristabilire una visione autenticamente antropocentrica dell’ambiente; in questo senso la sfida demografica diventa quella di costruire un ambiente favorevole alle generazioni che sopravvivono e a quelle che verranno; d’altra parte, riesce difficile concepire la tutela delle altre forme di vita, e dunque dell’ecosistema, se la stessa vita umana viene considerata come se fosse un pericolo.

Il tema dell’ambiente come "ambiente dell’uomo" introduce la problematica dell’organizzazione delle società in relazione alla loro situazione demografica, argomento del terzo capitolo, La politica della popolazione (pp. 51-72). Una breve introduzione (pp. 51-55) è dedicata a Thomas Robert Malthus (1766-1834) e al suo celebre Saggio sul principio di popolazione (1798); l’economista inglese sosteneva che le risorse si sarebbero rapidamente esaurite, poiché crescevano meno della popolazione; occorreva dunque rallentare la crescita demografica attraverso un ritardo nel coniugio o la completa astinenza; ora sappiamo che la realtà ha smentito tali previsioni, ma il riferimento a questo autore è importante, perché le diverse posizioni sulla questione demografica prendono da lui, a torto o a ragione, il nome di malthusiane, neomalthusiane, anti-malthusiane...

In particolare i "nipotini" di Thomas Robert Malthus, preoccupati dai "pericoli" rappresentati dalla crescita demografica, nella maggior parte dei casi non si preoccupano altrettanto dei mezzi impiegati per rallentarla, ritenendo leciti tutti quelli che le conoscenze scientifiche mettono via via a disposizione.

Le politiche antinataliste (pp. 60-66) sono molto più diffuse di quelle pro-nataliste (pp. 58-60), anche perché sono sostenute da numerose organizzazioni internazionali e da vari organismi privati. I mezzi utilizzati comprendono, oltre alla diffusione vastissima di contraccettivi, anche la sterilizzazione e l’aborto.

Ci si può chiedere perché tanto accanimento in un certo tipo di politiche antinataliste invece di impiegare più razionalmente le risorse in un piano di generale crescita economica e culturale dei paesi in via di sviluppo: una tale strategia, fra l’altro, causerebbe come effetto indiretto una riduzione della fertilità, dovuta per esempio a un innalzamento dell’età del coniugio e a un aumento dei costi di mantenimento dei figli. Le motivazioni sono molteplici e senza dubbio è più probabile che si fondino sulla cupidigia che non su un’ipotetica "emergenza demografica". Lorenzo Cantoni le indica schematicamente in una visione materialistica dell’uomo, come semplice individuo di una specie; nel darwinismo, che applica la lotta fra le specie nel rapporto fra le razze o le società; nell’utopia di un mondo perfetto, con un rapporto perfetto fra popolazione e benessere; nel neocolonialismo, che tende a mantenere gli attuali rapporti politici, economici e strategici.

Il quarto capitolo dello studio — Etica e politiche demografiche (pp. 73-86) — mette in luce i soggetti coinvolti nelle politiche demografiche (pp. 74-76), i criteri per una valutazione della moralità di tali politiche (pp. 76-81), gli ambiti e i limiti della loro applicazione (pp. 81-86), a partire da alcuni testi del Magistero della Chiesa cattolica.

Il primo soggetto coinvolto nei problemi connessi con la procreazione è la persona; i diritti della persona hanno poi una dimensione sociale, che trova la sua espressione nella famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile, che è l’istituzione naturale alla quale compete in via esclusiva la missione di trasmettere la vita; la famiglia, che esiste anteriormente allo Stato e a qualsiasi altra comunità, possiede diritti propri e inalienabili, dunque il compito degli Stati, che sono il terzo soggetto coinvolto, è di promuovere il bene comune anche in relazione alle dinamiche demografiche, ma questo solo nei limiti della loro competenza, cioè senza invadere la sfera esclusiva attribuita naturalmente alla famiglia; siccome poi i problemi demografici coinvolgono tutta l’umanità, il quarto soggetto in gioco sono le organizzazioni internazionali, le quali, insieme agli Stati, devono studiare e affrontare la questione demografica nella prospettiva del bene comune delle singole nazioni e dell’umanità.

Per valutare la moralità di una politica demografica occorre confrontarla con la verità sulla persona umana: non si potrà dunque dire lecita una politica che non miri al bene integrale della persona, che non rispetti la verità sulla vita e sull’amore e, per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo, che non si muova nel quadro della solidarietà internazionale.

Ma se finora ci siamo occupati delle finalità delle politiche demografiche, bisogna ricordare che la liceità del fine non esonera da quella del mezzo: sono dunque da considerarsi illeciti quegli interventi che propongono metodiche immorali quali l’uso di contraccettivi, la sterilizzazione o addirittura l’aborto (p. 81).

L’ultimo capitolo del libro presenta brevemente La terza Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo. Il Cairo, 5-13 settembre 1994 (pp. 87-102). Dopo due iniziative analoghe in tema di popolazione nel 1974 e nel 1984, la Conferenza organizzata in Egitto dalle Nazioni Unite associa per la prima volta, nel titolo, alla tematica della popolazione quella dello sviluppo. La bozza del documento finale considerava l’aborto ben al di là dei limiti posti dalla Conferenza svoltasi a Città del Messico nel 1984; inoltre, spiccavano la considerazione positiva delle unioni sessuali non familiari e l’incremento, anche dal punto di vista del sostegno economico, delle politiche antinataliste. In vista di tale avvenimento il Papa Giovanni Paolo II è intervenuto a più riprese in difesa della vita umana e a questi interventi si sono associati quelli di vari organismi vaticani fino a formare un corpus ampio e unitario, il cui carattere eccezionale è evidenziato dall’unità dell’occasione e dalla brevità del tempo di redazione.

Nonostante quanto diffuso dai mass media, la voce del Pontefice non è rimasta isolata e la delegazione vaticana ha coagulato intorno a sé numerosi oppositori della posizione enunciata nella bozza, fra cui anche i rappresentanti di alcuni paesi islamici, accendendo così un vivace e ampio dibattito internazionale sui temi oggetto della Conferenza stessa.

Sull’aborto la Conferenza ha dovuto rifiutarne l’utilizzo come mezzo di pianificazione familiare, anche se alla regolazione delle nascite sarà comunque dedicata un’ingente quantità di risorse.

Il documento finale ha ottenuto l’adesione della Santa Sede pur con alcune notevoli riserve espresse, insieme agli aspetti positivi, nell’intervento conclusivo (pp. 95-99) svolto da S. E. mons. Raffaele Martino, capo delegazione della Santa Sede, il 13 settembre 1994, e in una Nota allegata della Santa Sede (pp. 99-101).

Il volume, ampiamente documentato, è uno strumento di notevole utilità per una necessaria opera di apostolato, che alimenti la vigilanza dei cristiani contro quella che il Pontificio Consiglio per la Famiglia — nel documento Evoluzioni demografiche: dimensioni etiche e pastorali. Instrumentum laboris, n. 85 — chiama l’"ideologia della paura della vita" (p. 102), poiché gli stessi cristiani "[...] debbono essere disposti a portare testimonianza fino al martirio del prezzo che ha ogni uomo agli occhi di Dio" (ibid., p. 102).

Pier Marco Ferraresi