Articolo apparso sul n. 227 di Cristianità

CESNUR. Centro Studi sulle Nuove Religioni,
L’Europa delle nuove religioni,
a cura di Massimo Introvigne e Jean-François Mayer,
Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1993, pp. 248, L. 20.000

Nell’aprile del 1990 il CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, tenne a Lugano un seminario internazionale, dedicato a un esame comparativo della presenza dei nuovi movimenti religiosi in dieci paesi europei, con commenti da parte di rappresentanti di dicasteri della Santa Sede e di due esperti non europei, uno statunitense e uno giapponese. Dopo una rielaborazione che ha richiesto circa tre anni — e che i curatori hanno a un certo punto dovuto per ovvie ragioni arrestare, anche se si trovavano di fronte a un fenomeno in continuo cambiamento — Massimo Introvigne — esponente di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR e autore o curatore di quindici volumi in tema di nuova religiosità e di magia — e Jean-François Mayer — segretario del comitato scientifico internazionale del CESNUR e autore a sua volta di otto volumi in tema di nuovi movimenti religiosi — hanno raccolto una serie di interventi nell’opera L’Europa delle nuove religioni.

Il volume si apre con una Presentazione di S. E. mons. Giuseppe Casale (pp. 7-12), arcivescovo di Foggia-Bovino e presidente del CESNUR, importante soprattutto per l’esame del tema della libertà religiosa in Europa e nel quale viene proposta un’interpretazione della dichiarazione Dignitatis humanae del Concilio Ecumenico Vaticano II alla luce del nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, distinguendo fra i due diversi concetti di "libertà da" e di "libertà per", che la dichiarazione conciliare usa alternativamente e la cui confusione rischia di portare a gravi equivoci (pp. 9-12).

Segue quindi un’analisi della presenza dei nuovi movimenti religiosi in dieci paesi europei: Austria (pp. 15-24), Danimarca (pp. 25-34), Francia (pp. 35-41), Germania (pp. 43-55), Gran Bretagna (pp. 57-78), Italia (pp. 79-115), Olanda (pp. 117-134), Polonia (pp. 135-146), Spagna (pp. 147-163), Svizzera (pp. 165-190). I contributi sono piuttosto diversi per ampiezza e per impostazione; fra essi, tre sono particolarmente ampi e articolati, ed elencano minutamente i movimenti presenti nei rispettivi paesi oltre a fornire le coordinate per un’analisi storico-sociologica: si tratta dei saggi sulla Gran Bretagna di Eileen Barker, docente di Sociologia della Religione presso la London School of Economics, sull’Italia di Massimo Introvigne e di don Gianni Ambrosio — quest’ultimo docente di Sociologia della Religione presso la sede di Milano della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale —, e sulla Svizzera di Jean-François Mayer.

Il lettore italiano troverà particolarmente utili sia l’elenco — il più ampio fino a oggi compilato — dei nuovi movimenti religiosi e magici presenti in modo socialmente significativo in Italia (pp. 98-112), sia la proposta di una griglia d’interpretazione, che lega il successo di alcuni movimenti religiosi — e il mancato successo di altri — in Italia ai processi sociali in atto nel paese dall’Unità ai giorni nostri, e alle diverse forme di presenza della Chiesa cattolica, relativamente forte fra i ceti medi e relativamente debole sia fra i ceti più bassi — dove hanno avuto un successo per molti versi unico in Europa i testimoni di Geova —, sia fra i più alti, tradizionalmente lontani dal cattolicesimo a partire dal Risorgimento in molte regioni d’Italia e attirati dall’esoterismo, dalla passione per l’Oriente e dallo spiritismo (pp. 80-92).

Più sintetici — ma ricchi di dati, benché presentati in modo succinto — sono i saggi sull’Austria, di Friederike Valentin, dell’Ufficio pastorale dell’arcidiocesi di Vienna; sulla Danimarca, di Johannes Aagaard, che dirige ad Aarhus il Dialogcentret, un centro internazionale ecumenico — di origine luterana — per lo studio della nuova religiosità; sull’Olanda, di Reender Kranenborg, professore di Scienze Religiose all’Università di Amsterdam. Per quanto riguarda la Spagna, padre Juan Bosch O.P., del Centro Ecumenico di Valencia, ha il merito di aver ricostruito pazientemente una situazione su cui, al di là di una letteratura giornalistica o polemica, non esistevano in precedenza analisi attendibili; lo stesso vale per il lavoro relativo alla Polonia di Tadeusz Doktòr, che insegna Sociologia della Religione all’Università di Cracovia. Don Yvon Le Mince, della Commissione Pastorale e Sette della Conferenza Episcopale Francese, e il professor Rainer Flasche, docente di Sociologia della Religione presso l’Università Philips di Marburgo, hanno preferito limitarsi — per la Francia e per la Germania — a commenti sulle linee di tendenza generali, senza addentrarsi nell’esame di casi specifici, su cui esiste del resto, per i loro paesi — a differenza di altri —, una letteratura abbastanza ampia e non troppo difficilmente accessibile.

Se si confrontano i dieci saggi, ci si rende conto che tutti sottolineano la stessa caratteristica, relativamente uniforme fra l’Europa Settentrionale e Meridionale, Occidentale e Orientale: in generale, i nuovi movimenti religiosi non hanno avuto in Europa un grande successo, e in nessun paese sembrano coinvolgere a titolo di veri e propri membri o adepti più del 2% della popolazione. Le eccezioni — il successo unico al mondo dei testimoni di Geova in Italia, la buona diffusione di alcuni gruppi orientali in Inghilterra e della Scientologia in Danimarca — confermano sostanzialmente la regola. Per converso, le nuove credenze religiose — la nuova religiosità — è un fenomeno di dimensioni molto più vaste, che coinvolge in ciascun paese — Polonia, sorprendentemente, compresa — da un quarto a un terzo della popolazione.

Anche se il volume si occupa di movimenti, non di credenze, quasi tutti gli autori fanno cenno alle impressionanti statistiche relative alla credenza nella reincarnazione, e affermano che la grande diffusione della nuova religiosità si riverbera nell’ampio ventaglio di movimenti presenti: il numero dei movimenti cresce continuamente, anche se non cresce in modo altrettanto significativo il numero complessivo degli adepti.

L’Europa, da questo punto di vista, non è troppo diversa dagli Stati Uniti d’America, come osserva nel suo importante contributo J. Gordon Melton, docente di Scienze Religiose presso l’Università della California, a Santa Barbara (pp. 193-208): le differenze che molti ritengono di scorgere — afferma — sono spesso mitologiche, e corrispondono a miti sulla religione negli Stati Uniti d’America, che gli studiosi americani di scienze religiose hanno ampiamente smentito negli ultimi anni. Dal Giappone, Isamu Nagami — docente di Filosofia della Religione presso la Rikkyo University — ha voluto proporre un commento, a sua volta di notevole interesse, soprattutto di carattere metodologico (pp. 209-225), denunciando il positivismo che ha dominato le scienze religiose in Europa, che dall’Europa è passato nelle università giapponesi e i cui pregiudizi hanno impedito di scorgere subito il proprium dei nuovi movimenti religiosi, una presenza quantitativamente rilevantissima — circa il dieci per cento della popolazione in Giappone —, che consiste in un’esperienza specificamente religiosa irrudicibile alla sua cornice sociologica.

Il volume si chiude con due interventi di rappresentanti di dicasteri della Santa Sede: le dottoresse Elisabeth Peter, austriaca, del Pontificio Consiglio per il Dialogo con i Non Credenti — ora confluito nel Pontificio Consiglio per la Cultura — (pp. 227-235), e Teresa Gonçalves, portoghese, del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso (pp. 236-242). Entrambe — sulla scia dei documenti più recenti della Santa Sede in materia — manifestano preoccupazione per la presenza dei nuovi movimenti religiosi in Europa che, seppure non deve essere — come troppo spesso avviene — sopravvalutata nelle sue dimensioni quantitative, costituisce tuttavia la spia, il sintomo e la conseguenza di una più preoccupante presenza della nuova religiosità, che è a sua volta una sfida radicale e un pericolo potenzialmente gravissimo per la fede cattolica.