Repubblica Italiana - Legge 194, 22-5-1978:
vent’anni di aborto legale, Destra e popolo

  

I. 3,5 milioni di vite sacrificate

Amici di ritorno da Amsterdam mi raccontano, in modo piuttosto esterrefatto, la realtà del "paradiso artificiale" olandese. Nelle vie del centro, la "Venezia del Nord" pullula di giovani impasticcati o bevuti, che si trastullano da un angolo all’altro con la sciatteria dei perdigiorno. Amsterdam è anche la capitale del sesso, tanto che non si sa se i quartieri a luci rosse dove succede di tutto siano una zona della città o se invece sia la capitale del paese olandese a essere solo una parte di un vastissimo intreccio di viziosi boudoir e di templi dell’onanismo.

Certo non tutti i Paesi Bassi son così: la differenza fra la capitale e la campagna o le cittadine importanti ma meno "porto di mare" (Utrecht, per esempio) è addirittura stridente, quasi che l’Olanda ordinata, pulita e un po’ "svizzera" sfogasse tutta la propria umanità troppo umana solo nella città dei mille canali. Conosco giovani olandesi di ben altra pasta, carattere e vita rispetto a quanti affollano le strade del vizio di Amsterdam nel racconto di chi c’è appena stato. Non v’è dubbio che l’eccezione, quand’anche fosse numericamente maggioritaria, è costituita dai libertini filosofici e morali del paese europeo-settentrionale e non dalle "persone normali" che ancora l’abitano. Ma l’Olanda — il mestiere del giornalista è fatto anche di sintesi e immagini — è il traguardo a cui tendono le politiche del progressismo internazionale. Droga libera, alcool, sesso in vetrina, eutanasia, aborto: in tempi di "Ulivo planetario", che sia questo il grado di "evoluzione" a cui i Romano Prodi, i Tony Blair e i Bill Clinton vogliono portarci? L’Italia come l’America dell’attuale inquilino della Casa Bianca? Un paese, cioè, in cui il reato più grave sembra essere quello di fumarsi una sigaretta in santa pace, ma dove si può tranquillamente abortire in tutti i modi consentiti dalla scienza (quella senza limiti morali, che pensa solo a progredire tecnicamente) ivi compreso il partial-birth abortion che unisce l’interruzione volontaria della gravidanza all’infanticidio? L’ "orizzonte olandese" è il traguardo dell’ideologia progressista che dà nome di libertà alle abiezioni e alle schiavitù più degradanti che il genere umano sappia architettare, con cinismo tutto particolare, a danno della propria specie.

Cadono vent’anni da quando è stata varata la legge che ha consentito l’aborto volontario nella Repubblica Italiana. Due decenni fa, l’Italia si svegliava di soprassalto come se si fosse abbattuto un fulmine a ciel sereno. Il torpore sornione di gran parte del mondo cattolico — che, piaccia o no, il suo ethos caratterizzava ancora tutto il paese — veniva bruscamente destato da una tempesta scatenatasi improvvisamente: affascinanti dalle rotondità rubiconde della mela di Biancaneve, non ci si era accorti di come all’interno la polpa fosse già stata completamente erosa da un sozzo verme malato. Oltre ai cattolici, anche i laici: l’aborto ha lacerato la coscienza di ogni italiano e (in vent’anni) le carni innocenti di 3.241.147 bambini (dati del Ministero della sanità); piccoli nostri concittadini le cui vite sono state spezzate prima ancora di nascere, prima ancora di ricevere il battesimo amministrato secondo le scadenze consuete (quelli di desiderio e in extremis a parte). Per nessuno l’aborto è stato indolore, ma molti si son sentiti in dovere di evocare il "progresso".

A Filadelfia mi è capitato di svegliarmi alle prime luci dell’alba per aggregarmi a dei signori qualunque — né eroi, né nomi altisonanti — che si prendono la briga di passare cinque, sei, sette ore in veglia di preghiera davanti alle cliniche — li chiamano abortifici — dove le madri vanno a sopprimere i propri bimbi. Di solito, gli attivisti della Planned Parenthood Federation of America (la più attiva e organizzata lobby di lotta sanguinolenta alla vita umana nascente) fanno di tutto per distrarre, disturbare e canzonare i pro-lifer. Quel mattino a Filadelfia c’era fra loro anche un giovane in carrozzina e cartelloni filoabortisti. Se, immaginando un fantascientifico break-through spazio-temporale, la sua genitrice gli avesse potuto dar retta e avesse perso il coraggio e la speranza di essergli madre, quel giovane handicappato non avrebbe mai potuto far sentire la propria paradossale protesta. Forse che quel giovane avrebbe preferito esser morto? O mai nato? Non gliel’ho domandato. In fatto di vita umana nascente non è la sua opinione che conta, né quella degli altri; meno ancora quella della maggioranza. La vita nascente è un valore che non coincide con le sentenze della bocca degli uomini: sta nelle cose, è iscritta nella loro realtà stessa. Tutto il resto è fuga, mentre Dio ci guarda.

Da vent’anni l’Italia è uno di quei tanti paesi del mondo dove viene negata, legalmente, la realtà. In Italia si può abortire in conformità alle leggi dello Stato con la stessa facilità con cui ci si fa praticare una tonsillectomia. In Italia non esiste più una lex suprema, una higher law (come la chiamava il costituzionalista statunitense Edward S. Corwin) a cui la legislazione positiva deve conformarsi per poter autenticamente garantire la libertà dei cittadini. Nel nostro paese la gente può solo scegliere se soccombere a Scilla o a Cariddi.

A Roma, gli uomini della Bicamerale stanno decidendo la sorti istituzionali future del nostro paese. 3.241.147 bambini non ne hanno più bisogno.

L’Italia ricorda oggi vent’anni d’aborto con un presidente della Repubblica e un capo del Consiglio dei ministri democristiani come lo era il governo che due decenni fa esatti permise il varo di una legge omicida. Il progressismo trionfa e i suoi lacché son sempre gli stessi.

L’aborto è anche una battaglia politica, generosamente politica; inerente cioè alla nobile arte di organizzare e amministrare la vita comunitaria degli uomini. Non c’è irenismo che tenga perché la pace è tale solo quando è opus iustitiae. Anche da noi l’aborto deve tornare a dividere, a separare, a dilacerare: come è giusto che sia per una questione tanto grave e su cui si giocano il futuro della società e quello del genere umano. In altri luoghi dell’orbe terracqueo accade.

Nel mondo odierno che rincorre la trasversalità politica e in cui si ripete usque ad nauseam che le categorie della contrapposizione politica diretta appartengono solo all’archeologia, c’è ancora invece spazio per una Destra lucida e forte che sappia opporsi a una Sinistra altrettanto conscia di sé e dei propri obiettivi. Questa Destra difende l’uomo, la vita umana nascente e la bellezza della politica. A difesa o contro il diritto naturale si formano i poli politico-culturali; il resto è accademia. 3.241.147 giovanissimi italiani mai nati ci guardano dall’alto, sicuramente dall’alto.

 

II. Gli italiani contro i diktat del Nuovo Principe

Venerdì 22 maggio è caduto il ventesimo anniversario dell’introduzione dell’aborto nell’ordinamento giuridico italiano e Roma — davvero, profondamente, spavaldamente — si è mostrata Capitale del nostro paese. Folle di giovani e di giovanissimi — chi ha detto che non è à la page difendere la vita? — hanno sfilato per le vie del centro manifestando contro la legalizzazione di quell’assassinio di massa. Il giorno seguente, sabato, la scena si è ripetuta contro la droga e contro il tentativo di normalizzazione messo in atto dal Ministero della Sanità ai danni delle comunità di recupero dei tossicodipendenti. Domenica il Papa visita Torino per la beatificazione di tre "campioni" piemontesi (tre veri italiani, tre veri cattolici) e il serpentone che già da settimane si snoda silenzioso, compito e attonito per sostare solo una manciata di brevi ma interminabili secondi davanti alla Sacra Sindone di Cristo s’ingrossa come non mai. L’eco del tonante monito contro l’aborto pronunciato nei giorni precedenti dal principe della Cristianità non si è ancora spento, e nella piazza torinese i suoi richiami alla fede vissuta e al diritto naturale sembrano assumere carne secondo le fattezze delle migliaia di persone che gli si stringono attorno.

Questa — anche se i media sedicenti liberi e indipendenti non se ne accorgono, minimizzano o dialettizzano — è ancora, nonostante tutto, l’Italia. L’Italia vera; l’Italia che non si fa inebetire dalla radio e dalla televisione; l’Italia che ancora conserva una buona dose di anticorpi per reagire, con candore e con naturalezza, ai soprusi e alle angherie; l’Italia che si mobilita a difesa di princìpi inderogabili perché evidenti alla ragione e al buon senso comuni anche oltre le convinzioni religiose. Naturale si chiama infatti quel diritto derivante da una visione del mondo che, inattaccabile dai sofismi, non necessita di arzigogolati ragionamenti per avvertire come male l’omicidio, il furto, la bestemmia, il tradimento e così via. Gli italiani c’erano, ci sono e — la speranza è una virtù teologale — ci saranno: non sono da costruire a tavolino secondo schemi astratti e avulsi dalla realtà. L’Italia è preceduta da questi italiani, uomini di carne e di sangue disposti a mettersi completamente in gioco per assumere posizioni scomode e impopolari (la falsa élite dei conformisti di regime li guarda con distacco e con snobismo), ma vere. Contro l’aborto, contro la droga, per la vita. E via di questo passo.

Ebbene questi italiani, forse inconsapevolmente, attendono che tutto ciò torni a essere anche politico. Chi è infatti tanto folle da voler vivere in una polis dove i termini minimi della convivenza sociale sono costantemente messi in discussione e negati da un relativismo imperante che divide e discrimina gli uomini solo tra lacchè e reprobi? Gli italiani non si sono ancora stancati di gridare sopra i tetti in nome di molto più che non i tecnicismi e le tattiche di bassa lega con cui viene contraffatta la politica. Gli italiani sono ancora capaci di appassionarsi. Per la propria convivenza civile vogliono regole chiare e ferme, che siano norme concrete scaturite da una visione del mondo precisa mai in contrasto con i dati più elementari della socialità umana: il diritto alla vita e alla sua qualità per i singoli, per le famiglie e per tutto quel groviglio ricco e potente di relazioni e di sodalizi a cui gli uomini sanno dar vita quando autenticamente liberi di una "libertà ordinata", ovvero dotata di origine e di scopo.

Gli italiani che hanno gremito le piazze e le vie del nostro paese nei giorni scorsi, e che continueranno a farlo non appena se ne presenterà di nuovo l’occasione, sono uomini che conservano ancora la sana capacità di reagire per costruire. Scricchiola il pensiero unico imposto dal progressismo dominante di chi governa la nazione a volte occupando le istituzioni, sempre imponendo una pseudo-cultura di "valori" il cui corso e le cui quotazioni sono determinate dagli azionisti e dagli allibratori di maggioranza.

L’On. Gennaro Malgieri, presentando a Vicenza il mensile Percorsi di politica, cultura, economia da lui diretto, ha recentemente avuto occasione di affermare che, fra le mezze tacche che presiedono oggi le potenze del mondo, solo un’autorità emerge in statura spirituale: Giovanni Paolo II. Svolgendo alcune considerazioni a partire da questa notazione, il coordinatore delle politiche culturali di AN ha dunque espresso la propria visione del mondo con una formula bella ed efficace: la "Destra eterna". "Eterna" per i valori che incarna, per la meta a cui mira e per la storia da cui proviene; "Destra" perché, con Clemente Solaro della Margherita, una sola è la Destra, quella cioè che ha cuore il bene degli uomini e il bene dello Stato, vertice politico della comunità umana. Chi propone culture di morte fisica e intellettuale, più o meno elegantemente formulate, appartiene invece alla Sinistra. Conciliazione non esiste. Gli italiani lo sanno: scendono in piazza reagendo contro qualcosa e a favore di qualcos’altro. Qui non esiste via media. Il poeta protoromantico inglese William Blake compose The Marriage of Heaven and Hell. A più di un secolo di distanza gli ha "risposto" lo scrittore irlandese Clive Staples Lewis vergando The Great Divorce.

Forse gli italiani in piazza non usano la terminologia Destra e Sinistra perché ne hanno una concezione fuorviata da decenni di televisione, di sussidi scolastici, di libri di testo, di giornali "democratici" e di discorsi politicamente corretti. Ma la sostanza è quella: gli italiani in piazza per quegli ideali sono di Destra; gli altri, i loro detrattori e i loro oppositori, sono indubitabilmente di Sinistra. Strumentalizzazione a fini politici? Solo descrizioni con "immaginazione morale".

Dal 29 al 31 maggio, alla Fondazione Stelline di Milano si svolgerà un convegno organizzato dalla Confraternita del Toson d’Oro in collaborazione con l’Assessorato alla Trasparenza e Cultura della Regione Lombardia: Destra/Destre. Le culture non conformiste nell’era del pensiero unico, con numerosi interventi. Proprio oggi gli italiani mostrano, inconsciamente ma profondamente, cosa sia l’autentico non-conformismo verso i diktat del Nuovo Principe, alieni come essi sono anche da quel "conformismo dell’anti-conformismo" così di moda e tanto trasversale. Ai relatori del convegno prossimo venturo il compito di mostrare loro che "Destra" significa proprio quanto essi hanno a cuore; che "Sinistra" vuol dire negazione di quel diritto naturale che insorge nel cuore dell’uomo per il solo fatto del suo esser tale; e che tutto questo può e deve avere anche una profonda valenza politica: orientare la costruzione di una Città ordinata fuori perché riflesso di una coscienza ordinata dentro. La mappa della Destra e della Sinistra va ridisegnata; i contorni li stanno tracciando gli italiani di quelle piazze.

Massimo Caprara — già segretario di Palmiro Togliatti e uomo di punta del comunismo nostrano del dopoguerra — afferma che se le idee e la fede (lo mostrano chiaramente le dinamiche della storia) sono più forti della materia, allora s’impone come doverosa un’indagine approfondita in questa direzione; un’indagine capace di rendere pienamente conto di quanto egli definisce "esplosione dell’insorgenza spirituale", un atteggiamento che nei momenti forti della storia si è scagliato contro i debolismi e gli utopismi. Caprara pensa specificamente all’elezioni italiane del 1948 (quando non vinse la DC, bensì gli "italiani del diritto naturale" contro la tracotanza dell’ideologia marxista-leninista) e alla scomparsa dei regimi totalitari socialcomunisti dell’Europa Centrale e Orientale. Ma l’elenco può andare ben oltre. Fino alle piazze di pochi giorni fa, fino alle insorgenze di domani.

Marco Respinti

mimir@iol.it

 

[Il testo del paragrafo I. riproduce l’articolo comparso con il titolo
Tre milioni di vite sacrificate, in © Secolo d’Italia, anno XLVII, n. 118,
del 22-5-1998, p. 8. Il testo del paragrafo II. riproduce l’articolo comparso
con il titolo Gli italiani contro i diktat del Nuovo Principe, in
© Secolo d’Italia, anno XLVII, n. 122, del 27-5-1998, pp. 1 e 14]