Rinascimento conservatore

 

Barry Goldwater è morto venerdì 29 maggio 1998 all’età di ottantanove anni.

I giornali hanno bruciato la notizia in una manciata di righe e sono passati ad altro. Nei quotidiani è così: oggi ci sei, domani no e dopodomani anche la notizia della tua dipartita è un pezzo da museo che non interessa davvero più a nessuno. A Goldwater hanno però dedicato qualche considerazione maggiore due noti "americanologi: Vittorio Zucconi e Alberto Pasolini Zanelli, che scrivono da versanti culturali piuttosto distanti, se non altro per gli orientamenti delle testate che ne ospitano corsivi e contributi. Entrambi corrispondono da Washington, capitale di ciò che molti di quanti si sono riconosciuti nel leader politico nordamericano scomparso chiamano "Leviatano federale".

Barry Morris Goldwater, figlio di ebrei russi emigrati, nacque invece a Phoenix capitale della "remota" e bruciata Arizona nel 1909, dunque tre anni prima che questa entrasse a far parte dell’Unione nordamericana, e fu "il padre della Destra statunitense" solo se si procede per slogan e se si sacrifica anche il più piccolo criterio di approfondimento — quello per esempio consentito dagli spazi di un quotidiano — sull’altare della gergalità.

La Destra conservatrice statunitense è un fenomeno culturale in sé molto più ampio, profondo e antico della figura — con tutto il rispetto dovutole — del senatore Goldwater. In questo secolo "rinasce" tra fine anni Quaranta e inizio anni Cinquanta, dopo una lunga stagione di disorientamento ricostruibile per nodi salienti: remotamente la ferita della Guerra Civile (1861-1865); poi la nascita, in America Settentrionale, di una struttura partitica più simile (benché mai del tutto uguale) a quella a forte base ideologica tipica del Vecchio Continente di ascendenza illuministico-giacobina e radical-libertina (se il primo di questi due riferimenti guarda alla Francia moderna, il secondo punta all’Inghilterra e alla Gran Bretagna del Sei-Settecento); l’avvento di un sempre più marcato bipartitismo, a cui corre parallela la profonda trasformazione interna al Partito Democratico e a quello Repubblicano (grosso modo il primo iniziò come "destra" finendo per diventare "sinistra", e viceversa); quindi i colpi decisivi portati a quanto rimaneva del Vecchio Sud e al Mid-West, figli di una cultura non metropolitana, non "yankee" e meno filosoficamente modernizzante; infine i forti traumi causati alla nazione dalle presidenze dei Democratici Woodrow Wilson (1912-1920) e Franklin Delano Roosevelt (1932-1945), nonché dalla rivoluzione pedagogica d’inizio secolo condotta da John Dewey e dall’attivismo giudiziario di Earl Warren, presidente della Corte Suprema dal 1953 al 1969.

Nel "rinascimento" della Destra nordamericana — la riscoperta di un’identità nazionale in atto, non la formulazione di un costrutto ideologico aprioristico —, Goldwater s’impone come referente politico di un vasto fenomeno culturale.

Fra leader, partito e popolo, la Destra conservatrice statunitense ha sempre vissuto un rapporto difficile con chi, in occasione delle diverse tornate elettorali, le si è proposto nei panni di suo alfiere o paladino, soprattutto quando e dove la struttura ideologica tipica del "partito moderno" ha iniziato a svolgere un ruolo preponderante in queste dinamiche.

Nel 1992, rispondendo a una domanda del sottoscritto, lo storico delle idee Russell Kirk individuava nel popolo che li ha appoggiati, indicati, a volte eletti, quasi sempre votati, il denominatore comune fra Robert A. Taft, Barry M. Goldwater, Ronald W. Reagan e Patrick J. Buchanan, nel bene e nel male referenti politici eminenti del mondo conservatore. I Taft, i Goldwater, i Reagan e i Buchanan passano e vanno, lasciando impronte durevoli solo se sanno interpretare l’ethos della nazione che li precede logicamente e ontologicamente, e quando colmano (pur mantenendo tutte le opportune e fondamentali differenze) lo iato fra politica e cultura altrimenti riempito con i palliativi del riduzionismo pragmatistico.

Goldwater è incomprensibile senza la grande cornice del variegato network conservatore che ne spinge e ne motiva, mutatis mutandis, l’azione: con lui il conservatorismo raggiunge il palco principale della scena politica statunitense e — ancor più che non con Taft in passato — la profonda elaborazione culturale della Destra si connette a un front-man efficace e combattivo, mentre al Partito Repubblicano viene impressa quella forte virata verso destra che sta ancora oggi alla base dell’idea (errata) del Grand Old Party come casa comune tout court di tutti i conservatori.

Del senatore scomparso si ricorda soprattutto il volumetto The Conscience of a Conservative, pubblicato nel 1960 e nell’agosto 1964, alla vigilia delle elezioni presidenziali che vedranno la sua sconfitta a opera di Lyndon B. Johnson, già ristampato 22 volte per un totale di tre milioni e mezzo di copie (trad. it. Il vero Conservatore, Le Edizioni del Borghese, Milano 1962).

A questo proposito vale la pena di ricordare che quel famoso libro-programma venne in realtà scritto da L. Brent Bozell (scomparso nel 1997), a cui è opportuno dedicare qualche riga in memoriam. Cattolico tradizionalista, "carlista", una delle prime persone a dimostrare pubblicamente e rumorosamente contro l’aborto statunitense nel 1970, Bozell fondò nel 1966 il mensile Triumph come roccia inamovibile nel mezzo della tempesta del progressismo postconciliare.

Goldwater verrà affiancato anche da altri collaboratori altamente significativi. L’analista e filosofo della politica voegeliniano Gerhart Niemeyer, anch’egli scomparso nel 1997, si staglia per esempio dietro alle pagine di Why Non Victory?, un volume che nel 1962 auspicava la sconfitta completa dell’Unione Sovietica rispondendo ai liberal che invece flirtavano con l’ "Impero del Male". Nel 1964, quando la candidatura alla nomination Repubblicana di Goldwater venne lanciata dalla National Review di William F. Buckley Jr., il primo tentativo della Destra conservatrice del dopoguerra per conquistare la Casa Bianca poté contare sull’appoggio eminente di Kirk (che per il senatore dell’Arizona scrisse alcuni discorsi) Frank S. Meyer, William Rusher, Ayn Rand, Milton Friedman, gli stessi Buckley, Bozell e Niemeyer, nonché Harry Jaffa. Goldwater rappresentò cioè il candidato politico del polo costituito dalle varie anime del conservatorismo culturale statunitense, nonostante le differenze e a volte la vera e propria impossibilità di reductio ad unum di quel mondo: Kirk e la Rand, Friedman e Bozell rappresentano coppie come lo zenit e il nadir, ma in quel momento nessuno fu tanto sciocco da farsi cogliere da raptus di snobismo, né i libertarian da una parte né i tradizionalisti (cattolici e "integralisti" come il fondatore di Triumph) dall’altra. A differenza di Taft, sostiene lo storico George H. Nash, Goldwater era un politico che non disdegnava ammiccare anche alla filosofia.

Il sostegno a Goldwater divenne un punto distintivo della YAF, Young Americans for Freedom, una delle prime organizzazioni di quella che sarebbe divenuta la selva di fondazioni e d’istituti in cui si è sviluppata la Destra nordamericana negli anni successivi. Fu formata nel 1960 nell’abitazione newyorchese di Buckley per favorire l’educazione politico-culturale dei giovani e dalle sue fila, così come dal Draft Goldwater (il movimento che appoggiò l’impegno politico del senatore dell’Arizona), sono passati un po’ tutti i futuri leader della Destra statunitense. Eppure nel 1964 a Goldwater — scelto allora come candidato presidenziale Repubblicano invece del progressista Nelson A. Rockefeller, il quale più tardi otterrà da Gerald R. Ford la vicepresidenza e dagli ambienti reaganiani l’astio — un’America immatura preferì Johnson, faccendiere grigio e liberal del Partito Democratico. Ma, osserva sempre Nash, "movimento intellettuale e politico, il conservatorismo non raggiunse l’apice con Goldwater, né morì dopo di lui". Nel 1996, alla vigilia dello scontro presidenziale fra Bill Clinton e Robert Dole, Lee Edwards uno dei più significativi leader della YAF, oggi uomo di punta di The Heritage Foundation (il noto think tank di Washington) e del mensile The World & I, illustrando il suo voluminoso Goldwater: The Man Who Made A Revolution, uscito nel 1995, mi ha detto: "Il Goldwater di oggi è Dole". Con tutta la stima (assolutamente non manieristica) che provo per Edwards, il senatore dell’Arizona non merita un paragone simile; oppure è davvero questa la chiave per comprendere l’involuzione di un certo settore della Destra statunitense avvenuto negli ultimi decenni ed emblematicamente rappresentato dalla senescenza dello stesso Goldwater, anziano nel fisico e decrepito culturalmente. La stampa ne ha ricordato lo spostamento a sinistra degli ultimi anni, soprattutto su questioni di principio come quelle dell’aborto e dello stile di vita omosessuale. Buchanan, nato politicamente nel Draft Goldwater Movement, ha introdotto una nuova edizione di The Conscience of a Conservative, uscita nel 1990, rivendicando l’eredità migliore del senatore oggi scomparso. E questi ne ha prontamente criticato le campagne elettorali del 1992 e del 1996, che proprio l’essenza del conservatorismo goldwateriano degli anni Sessanta hanno incarnato e riproposto.

L’intero movimento conservatore nordamericano deve insomma ancora esprimere il meglio di sé, rispondendo a quelle domande che hanno sempre interessato, a volte angustiato, poi alienato dal "movimento" una figura (anche emblematica) come quella di L. Brent Bozell, "anima" di Goldwater: la natura davvero conservatrice degli Stati Uniti d’America, il posto della sua esperienza storica nello sviluppo della Cristianità occidentale e il rifiuto della Modernità filosofico-politica iniziata con il 1789 illuministico-giacobino. Non essendo il conservatorismo un’ideologia figlia dell’epoca del relativismo e della secolarizzazione, ma una visione del mondo che si oppone al 1789 e che si richiama, venendone vitalizzata, alle "realtà permanenti", esso si pone come fenomeno "antimoderno" per eccellenza. Al contempo, essendo una tradizione — un cammino —, è un progredire verso una meta. Il meglio di Barry M. Goldwater, le cui nudità scabrose vanno coperte imitando il gesto pietoso dei figli di Noè, deve ancora venire.

Marco Respinti

mimir@iol.it

 

[Articolo pubblicato con il medesimo titolo,

in © Secolo d’Italia, anno XLVII, n. 134, del 10-6-1998, p. 15.

Sono state apportate alcune variazioni]