CHESTERTON, LE RAGIONI DEL
PERCHE’ SONO CATTOLICO
Con una presentazione del cardinale Giacomo Biffi

(Piero Gribaudi Editore, Milano 1994, pp. 146, Lit. 18.000)

 

Chi è Chesterton?

Giornalista, romanziere, poeta, drammaturgo, apologeta cattolico?

I grandi autori, quelli che rimangono oltre le censure e le incomprensioni del loro tempo e di tutti i tempi, rifiutano le etichette; accettano soltanto sommarie descrizioni o affrettati elenchi di sostantivi, nella consapevolezza che del loro genio si è riusciti a dire tutto e niente.

Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) nasce a Londra da famiglia anglicana; comincia a scrivere sullo Speaker e sul Daily News, affermandosi, grazie alla straordinaria verve polemica, giornalista di gran classe, tra i più pungenti e i più letti. Alla redazione del Daily News incontra lo scrittore cattolico Hilaire Belloc, con il quale fonda la Lega distribuzionistica: un movimento politico ed economico che si propone di aiutare lo sviluppo della piccola proprietà e della piccola industria contro i latifondi e grandi trust; una sorta di "compromesso tra capitalismo e comunismo", lo definisce Ferdinando Castelli nell’articolo Gilbert Keith Chesterton, a cinquant’anni dalla morte, apparso su La Civiltà Cattolica del quindici novembre 1986.

I primi bersagli polemici del giovane Chesterton sono la società industriale del tempo, col suo carico di pragmatismo e di relativismo, e la conseguente disumanizzazione dell’umano. Dice in Heretics del 1905 che l’uomo "rigettando tutte le forme di credo e contemplandole tutte, allora si immerge nella ottusità dell’animale errante, nell’incoscienza dell’erba. Gli alberi non hanno dogmi".

Il ritorno al reale e la conversione definitiva alla Chiesa cattolica nel 1922 non fanno che dare compimento a questa visione antimaterialistica della vita.

La vastissima produzione del Chesterton - oltre cento volumi di saggistica, poesia, narrativa, agiografia e drammi - risente di una progressiva simpatia per la Chiesa di Roma. Un’attrazione che poco ha di irrazionale e di sentimentalistico, dato che, per lo scrittore inglese, la verità cattolica non è altro che il superamento delle antinomie, delle esigenze contrastanti, insomma di tutti quegli "ismi" - le ideologie - che pretendono di rinchiudere l’uomo in una interpretazione. Mentre il Cristianesimo, visto nella sua forma cattolica, rappresenta la totalità della verità, tutto il resto vive di quelle che lo scrittore chiamava spesso " verità cristiane impazzite". Nel volume La Chiesa cattolica e la conversione del 1926 Chesterton descrive la Chiesa cattolica come un "continente", un’immensa cattedrale che contiene tutte le altre. "I comunisti puntano esclusivamente sull’uguaglianza degli uomini tra loro, mentre i calvinisti puntano esclusivamente sull’onnipotenza di Dio". E allora " la sbalorditiva rivelazione della conversione" consiste nell’ortodossia, cioè nell’equilibrio di tutte le idee di cui la realtà è formata.

La grandezza dell’opera di Chesterton sta tutta nell’aver capito - e mirabilmente aver fatto capire - che l’accettazione della verità cattolica non può risiedere soltanto in folgorazioni irrazionali, come certa corrente progressista ha sempre sostenuto e continua ancora oggi a sostenere, ma presuppone anche un cammino razionale, una messa a tema della ragioni "che ci hanno convinti ad entrare in Chiesa". Basta leggere una sola pagina di Chesterton per rendersi conto che, forse come nessun’ altra, la sua riflessione riesce a dilatare la mente dell’uomo d’oggi, facendola approdare a dei lidi altrimenti difficilmente raggiungibili. Ricordo il famoso passo dell’Ortodossia del 1908: "Platone vi ha detto una verità. Ma Platone è morto. Shakespeare vi ha colpito con una immagine, ma non può più colpirvi con altre nuove. Ora immaginate che cosa sarebbe vivere con questi uomini ancora viventi, sapere che Platone può venir fuori domani con una conferenza originale, o che ad ogni momento Shakespeare può sbaragliare ogni cosa con una sola canzone. L’uomo che vive in contatto con quella che egli crede una chiesa vivente è un uomo che può sempre aspettarsi di trovare domani Platone o Shakespeare a colazione. Può sempre aspettarsi di scorgere qualche verità che non ha mai scorto prima".

 

Giuseppe Bonvegna

Articolo apparso su Marconi del 27/9/97 col titolo "Chesterton e il cattolicesimo"

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